DUE CONFERENZE TRA DUE MINISTRI PROTESTANTI ED UN PRETE CATTOLICO INTORNO AL PURGATORIO E INTORNO AI SUFFRAGI DEI DEFUNTI
con appendice SULLE LITURGIE
per cura del Sacer.
BOSCO GIOVANNI
TORINO
TIP. DI G. B. PARAVIA E COMP.
1857 { [19]} { [20]}
INDEX
La direzione ai benemeriti corrispondenti ed ai signori associati.
Nel
chiudere col presente fascicolo il quarto anno delle nostre popolari
pubblicazioni le Letture Cattoliche, ci sentiamo un vero bisogno di
indirizzare alcune parole agli illustri e benemeriti Corrispondenti ed ai
signori Associati.
Non
avevamo certamente bisogno di minore incoraggiamento degli uni e degli altri per
poterci sostenere e progredire in mezzo ai continui sacrifizi, cui avemmo a
sottostare in questi anni critici per tutti.
Mentre
pertanto pieno il cuore di riconoscenza ringraziamo umilmente la Divina
Provvidenza di aver benedetto le nostre {1 [21]} povere ed umili fatiche,
sentiamo pure il dovere di esternare pubblicamente i sentimenti della più viva
nostra gratitudine ai signori Corrispondenti di tutte le cure, di tutte le
sollecitudini, che si diedero per la propagazione delle Letture
Cattoliche, senza badare alle noie, ai disturbi, avendo unicamente di mira
il vantaggio del popolo, questa cara ed interessante parte della società per la
quale noi scriviamo, e per la maggior gloria di nostra Santa
Religione.
Ringraziamo gli Associati, i quali col loro obolo concorsero a sostenere quest'
opera, la quale sebbene umile in se stessa, non è però meno importante di
qualunque altra clamorosa pubblicazione.
Non si
tratta qui di speculazione libraria nè di alcun materiale interesse; essa è
opera di zelo, è opera di carità religiosa e sociale, è opera tutta
morale.
Si
tratta di istruire e di raffermare i buoni nei principii del cattolicismo, di {2
[22]} illuminare e attirare con quella affabilità, con quella dolce carità che
era propria e caratteristica del nostro divino Maestro, i traviati alla pratica
dei doveri religiosi. Un ardente desiderio di fare qualche poco di bene, o
almeno di impedire qualche male, è il solo ed unico scopo delle nostre fatiche.
Ora chi sarà tra i buoni e facoltosi colui, il quale voglia rifiutarci il suo
efficace concorso ed ajuto?
Oh
nessuno! ne siamo certi, nessuno negherà di cooperare con noi, e portiamo anzi
sicuranza, che se nel corso di quattro anni abbiamo potuto seminare e porre in
mano del popolo oltre a settecento mila fascicoli delle Letture
Cattoliche, in più breve tempo potremo, mediante il loro concorso,
raddoppiarne il numero, specialmente in vista del grande bisogno prodotto dai
tempi che corrono.
Le
associazioni o società protestanti si gloriano di spargere tra i cattolici a
milioni a milioni i loro opuscoli, i loro {3 [23]} scritti corrompitori della
fede e dei costumi, e noi cattolici vorremo lasciarci vincere? permetteremo, che
in mezzo a noi venga adulterata la nostra fede, maltrattata la nostra santissima
Religione, perduta la moralità, senza che ci adopriamo con ogni mezzo con ogni
sforzo a fine di porvi un argine una barriera per impedire tanto
male?
In noi
poco fidiamo perchè deboli, ma tutta la nostra speranza dopo Dio è posta
nell'illustre Episcopato, splendore e gloria del cattolicismo in Piemonte, a Lui
perciò ci rivolgiamo, sotto la cui protezione fin dal suo nascere abbiamo posta
questa nostra popolare pubblicazione, e umili lo supplichiamo a voler degnarsi
di sostenerci co' suoi consigli e co' suoi suffragi.
Preghiamo caldamente i signori Parroci, nelle mani dei quali eziandio sta in
gran parte l'esito felice delle Letture Cattoliche, perchè le promovano nelle
loro parrocchie {4 [24]} e facciano sì che ogni famiglia sia
associata.
Supplichiamo i signori Corrispondenti, già tanto, benemeriti, a volersi
adoperare per dilatarle sempre più, ed a farle conoscere ove non lo siano.
Finalmente ci raccomandiamo ai signori Associati di rinnovare il loro
abbuonamento e di procurare che si associno i loro parenti, i loro amici,
affinchè maggiore sorta quel bene per cui tutti ci adopriamo e tutti
fondatamente speriamo ampia mercede dal nostro buon Dio. {5 [25]}
La
Direzione ha tenuto conto di tutti i consigli e suggerimenti, che tanto gli
associati quanto i corrispondenti e gli amici le porsero per quei miglioramenti
che sono possibili di introdurre sia nella pubblicazione dei fascicoli, sia
riguardo la materia a trattarsi: la medesima sarà sempre riconoscente a coloro
che le faranno amichevoli osservazioni.
Preghiamo caldamente quei signori associati i quali non leggono i fascicoli o
per mancanza di tempo, o per la semplicità della materia che trattano, di non
tenerli inoperosi ed ammucchiati nei loro scaffali, ma bensì di passarli alle
mani di coloro che non possono o non vogliono associarsi, a cui però potrebbero
{6 [26]} esser utili, essendo ancor più facile che la lettura delle cose
semplici possano colpire e portare al bene i lettori.
Intanto
annunciamo che d'or innanzi non si pubblicheranno più fascicoli doppi ossia
servienti per due mesi. Ma in ogni mese si darà un fascicolo, qualunque sia per
essere la mole.
Il
prezzo annuo da pagarsi anticipatamente è di lire 1,80.
Per
coloro poi che desiderano di ricevere i fascicoli franchi per la posta il prezzo
sarà d' or innanzi di lire 2,60.
Coloro
che si associano per 50 copie, o fanno centro di 50 associati, riceveranno i
fascicoli franchi di porto per mezzo della via ferrata o dei
conducenti.
Le
domande di associazioni possono farsi o alla Direzione delle Letture
Cattoliche, Via di S. Domenico n° 11. in Torino, o nelle provincie presso i
seguenti signori Corrispondenti. {7 [27]}
Al lettore cattolico
Nel
pubblicare queste due Conferenze debbo pregare il lettore, di non
indagare nè il sito nè il nome delle persone tra cui hanno avuto luogo. Le
ragioni che m'inducono a non pubblicare i nomi degli individui sono molte, e fra
le altre avvi anche quella che essendone stato di ciò richiesto, ho promesso di
compiacerli. Del resto quanto ivi si legge è fatto storico. Nell'esporre però la
materia ho {3 [39]} giudicato bene di far due cose: ho modificato alcuni modi di
parlare degli avversari, per conformarli a quanto dicono altri protestanti ne'
loro scritti. Ma le difficoltà si esposero sostanzialmente come furono fatte.
Solamente per la lunghezza della conferenza essendosi più volte dette le
medesime cose e talvolta ripresi i medesimi argomenti, mi son fatto lecito di
seguire ordinatamente la serie delle materie poste in questione, senza tener
conto delle ripetizioni. Ho pure stimato bene di ommettere alcune espressioni,
le quali per essere o sconce o disdicevoli alle cose sacre, potrebbero cagionare
pena all'animo divoto dei nostri lettori.
Se gli
argomenti addotti non avranno {4 [40]} esausta la materia sull'esistenza del
Purgatorio, avranno almeno abbastanza chiaramente espresso e provato quanto sia
fondata e certa la dottrina della Chiesa Cattolica intorno a questo
dogma.
Comprendo che alcune delle cose ivi trattate sono alquanto superiori alla
capacità del popolo per cui particolarmente scrivo; al che mi sono studiato di
supplire colla chiarezza e colla popolarità con cui spero di aver sciolte le
difficoltà opposte. Altronde è bene che tutti sappiano quanto dicono i nemici
della fede contro al Purgatorio, e quanto siano deboli gli argomenti che gli
uomini più eruditi tra i protestanti sono in grado di opporre {5 [41]} alla
chiarezza delle verità Cattoliche.
Leggi,
o lettore, per tua salutare istruzione, e nel leggere ti unisci con me a pregare
Iddio misericordioso che ci doni forza e grazia da vivere in modo, che dopo
morte possiamo scampare la gravezza delle pene del Purgatorio e volare
immediatamente alla gloria dei beati in cielo. {6 [42]}
Conferenza prima sul Purgatorio e sul modo di suffragare i defunti.
Capo I. Occasione di questa Conferenza.
Alcuni
protestanti eransi più volte recati da un Sacerdote a fine di iniziare dispute
con esso lui intorno a diversi argomenti religiosi. In generale le loro
discussioni consistevano nel gridar forte è saltar di questione in questione
senza mai venire a termine di alcuna. Qualora poi fossero ridotti a qualche
punto conclusivo, da cui non potessero allontanarsi, per lo più solevano dire:
Noi non sappiamo rispondere a queste difficoltà, perchè non abbiamo studiato
abbastanza; ma se ci fosse mai il nostro {7 [43]} Ministro! Egli è un' arca di
scienza; egli con due parole fa tacere tutti i preti. Ditegli che venga egli
stesso, loro si replicava, venga, e se saprà confutare le ragioni che dimostrano
la verità della religione cattolica, e sostenere con sode ragioni gli errori dei
riformatori, merita la gloria di essere chiamato uomo dotto. Ma io temo che egli
non sia per venire.
- Noi
temiamo ch'egli sia per ricevere qualche sgarbatezza, altrimenti siamo sicuri
che verrebbe …
- No,
miei cari, ditegli che venga con tutta tranquillità; egli mi farà un vero
piacere; assicuratelo che sarà trattato da amico. Se non potranno essere accolte
le sue ragioni, si serberà ciò non ostante tutto il rispetto per la sua persona.
Il Ministro dal suo canto aveva più volte fatto intendere che sarebbe venuto, ed
aveva stabilito il giorno e l'ora; ma la sua comparsa non aveva ancora avuto
luogo. Finalmente un giorno viene con due suoi amici: si fa annunziare, entra
nella camera del prete e in modo gentile e cortese comincia a parlar così:
salute, signor Teologo, tollerate con pazienza questa visita, siamo venuti per
disturbarvi. {8 [44]}
Prete. Benvenuti, Signori, venite pure avanti:
mettetevi a sedere. In quale cosa potrei rendervi servigio?
Ministro. Siamo venuti qua per chiacchierare un poco.
Vennero più volte da voi alcuni nostri allievi i quali s'inoltrarono in certe
questioni cui a dir vero non erano in grado di sostenere. Mi hanno detto che voi
avreste desiderato di fare le medesime difficoltà al loro Ministro: ora egli è
venuto, ed è quel medesimo che parla. È mia precisa intenzione che voi facciate
quelle gravi osservazioni, cui niuno, come mi riferirono, può dare la debita
risposta.
P. Io non desiderava già di fare difficoltà, ma di scioglierle a chi ne
faceva, e scioglierle a chi fosse in grado di capirle. Perciò desiderava proprio
di trattare con persona capace di tener discorso intorno ad alcuni punti di fede
per vedere quali ragioni possano addurre i protestanti per non ammettere certe
verità che a noi cattolici paiono appoggiate sopra la medesima evidenza.-
M. Godo molto di quanto mi dite; il desiderio di
parlare e di ragionare è reciproco. E vi posso assicurare che da {9 [45]} lungo
tempo desidero di sapere da' cattolici di buona fede come essi non si diano
premura di rifiutare certi punti di dottrina che a noi sembrano manifestamente
fondati sopra l'errore e sopra la superstizione. -
P. Posto il reciproco desiderio di una discussione,
resta ancora a stabilirsi la materia intorno alla quale intendiamo ragionare. -
M. Parleremo di tutto un poco, se vi
piace.
P. Accetto il tema di discorrere di tutto un poco, con preghiera di voler
gradire che io premetta alcune condizioni, le quali, credo, che voi pure
troverete ragionevoli. Queste sarebbero: 1° Che voi ed i vostri due amici vi
persuadiate di trattar con un leale amico, che in quanto sarà per dire non altro
ha di mira se non il bene eterno; 2° Se venisse fatta difficoltà, cui non
sapessi rispondere, ciò si attribuisca a mia ignoranza, non a mancanza di
ragioni; 3° Lascio a voi piena libertà di scegliere quell' argomento che più vi
aggrada a sola condizione che non passiate da una discussione ad un'altra,
finchè non abbiate più cosa alcuna {10 [46]} da osservare sopra la materia di
cui si ragiona; 4° Nel discorrere si procuri di evitare ogni parola, ogni modo
di esprimersi che possa eccitare il disprezzo sopra le cose sacre.
M. Condizioni ragionevolissime che noi accettiamo senza eccezione; e vi
assicuro che da parte nostra studieremo di usare il debito rispetto fino in
quelle cose che ci sembrassero da disapprovasi perchè contrarie alla nostra
credenza. Una cosa vorrei ancora dimandarvi dal canto mio: che non sia
pubblicato il nostro nome nè in libri nè in giornali, qualunque sia per essere
l' esito del nostro trattenimento.
P. Dal canto mio non ho difficoltà che sia pubblicato e il mio nome, e la
materia trattata. Vi assicuro però che io non darò pubblicità a cosa alcuna che
possa far conoscere le vostre persone.
M. Ciò posto proporrei il Purgatorio per materia di questa nostra
discussione. Posso assicurarvi che sebbene io sia pienamente d' accordo cogli
altri Ministri riformati, che non esista alcun Purgatorio, tuttavia questo è il
dogma cattolico che io ho sempre rispettato, e del quale, se non è vero,
sembrando almeno alquanto {11 [47]} ragionevole, mi sento una certa tendenza a
discorrere.
P. Di buon grado accetto di ragionare intorno al Purgatorio, però
affinchè sia ben chiaro l'argomento di cui intendiamo di parlare, stimo bene di
esporvi la dottrina della Chiesa Cattolica intorno a questo dogma, perchè io
sono persuaso che la giusta idea su tal materia contribuirà a dileguare molte
prevenzioni dei protestanti a tal proposito.
Capo II. Dottrina della Chiesa Cattolica sul Purgatorio.
P. Ecco la comune definizione che dai teologi cattolici si suol dare al
Purgatorio. - Il Purgatorio è un luogo ossia uno stato in cui le anime dei
giusti, uscite da questo mondo senza aver sufficientemente soddisfatto alla
giustizia divina pei loro peccati, sono costrette ad espiarli prima di essere
ammesse a godere la felicità eterna. - (V. Bergier. art.
Purgat.)
M. Scusate un momento. Questa definizione è alquanto diversa da quella
che {12 [48]} ho letto in libri cattolici e non cattolici. Là per purgatorio
s'intende un luogo, una carcere, una fornace in cui sono trattenute le anime dei
giusti prima di andare in cielo. Così pure ho sentito io stesso a predicare.
Perchè voi non chiamate questo luogo carcere e fornace e simili?
P. Poco per volta, signor Ministro, e sarete soddisfatto di tutto;
scioglierò ad una ad una le vostre difficoltà. Permettetemi che cominci a farvi
conoscere che la mentovata definizione contiene la dottrina cattolica, siccome
viene espressa nel Concilio generale di Firenze: «Le anime dopo morte (così quel
concilio) sono purgate con pene purgatorie e a sollevarle da tali pene giovano i
suffragi; cioè le messe, le orazioni, le elemosine e gli altri esercizi di pietà
soliti a farsi nella Chiesa da' fedeli a favore degli altri fedeli». Conc.
Flor. Sess. 25.
Così
quel concilio esprime la dottrina della chiesa antica sopra il Purgatorio, che
va pienamente d'accordo con quanto fu definito nel Sacro Concilio di Trento.
Ecco le parole del testo: «Se qualcheduno dice che, per la grazia giustificante,
la colpa {13 [49]} e la pena eterna sono talmente rimesse al penitente che non
gli resti più alcuna pena temporale a soffrire in questo mondo o nel Purgatorio
prima di entrar nel regno dei Cieli sia anatema (sia scomunicato). Se taluno
dice, che il sagrificio della santa Messa non è propiziatorio e che non deve
essere offerto pei vivi, pei morti, pei peccati, per le pene, per le
soddisfazioni e per altri bisogni, sia scomunicato.»
Sess.25.
«La
Chiesa Cattolica ammaestrata dallo Spirito Santo ed appoggiata sopra i libri del
vecchio e del nuovo testamento, sopra l' antica tradizione dei padri e dei
concilii; e finalmente ivi in Concilio generale radunata insegna e definisce,
esistervi il Purgatorio, e le anime ivi trattenute dai suffragi dei vivi e
specialmente col sagrificio della Santa Messa potersi sollevare.» Sess.
25.
Dopo di
ciò il Concilio Tridentino ordina e raccomanda a' dottori e predicatori di non
insegnare sopra questo punto, se non la dottrina dei padri e dei Concilii, di
evitare tutte le quistioni di pura curiosità, e di ommettere tutto ciò che può
sembrare incerto, o favoloso, o capace di {14 [50]} nutrire la superstizione, o
favorire un sordido interesse. - Luogo citato.
Come
ben vedete, signor Ministro, colle parole del Concilio Tridentino comincio a
rispondere a quanto dicevate sui vari nomi che soglionsi dare al Purgatorio.il
Concilio con quei decreti non decide se il Purgatorio sia un luogo particolare
in cui le anime siano chiuse; in quale maniera sieno purificate, vale a dire, se
ciò si faccia per mezzo del fuoco od altrimenti; quale sia il rigore e la durata
di quelle pene, fino a qual punto possano essere sollevate dalle preghiere,
dalle buone opere dei vivi, o dal santo sacrifizio della Messa; se questo
sacrificio rechi conforto a tutte quelle anime in generale, o in particolare a
quelle per cui si offre nominatamente il sagrifizio. -
I
teologi cattolici possono liberamente disputare su tali questioni, che non sono
ancora state definite dalla Chiesa come dogmi di fede, da non poter più muovervi
sopra discussione.
M. Propriamente la dottrina, che mi esponete, è alquanto diversa da
quanto viene intesa tra di noi e mi lascia campo a farvi molte dimande;
primieramente è....{15 [51]}
P. Abbiate ancor pazienza per un momento, signor Ministro; lasciatemi
venir ad una conclusione di quanto vi ho esposto, e poi di buon grado ascolterò
le vostre osservazioni.
La
definizione del Concilio di Firenze, e quella del Concilio Tridentino propone e
racchiude quattro verità che non bisogna confondere. La prima che dopo la
remissione della colpa e della pena eterna ottenuta da Dio nel Sacramento della
Penitenza, rimane ancora al peccatore una pena temporale a scontare. In secondo
luogo, che quando non si è soddisfatto a questa pena nella vita presente si può
e si deve subire subito dopo morte. In terzo luogo che le preghiere e le buone
opere dei viventi possono essere utili ai defunti. Finalmente che il sagrificio
della messa è propiziatorio e per conseguenza ha virtù di scancellare i peccati
e soddisfare alla giustizia divina pei vivi e pei defunti. Intesa così la
dottrina della chiesa cattolica fo a voi, signor Ministro, ampia facoltà di fare
quelle osservazioni che nella vostra saviezza stimerete a proposito, pregandovi
nuovamente di non mai passare a novelle difficoltà, finche {16 [52]} le
antecedenti non vi siano interamente spianate.
Capo III. La dottrina del Purgatorio contenuta nella Bibbia.
M. La prima difficoltà che voleva, e che ora intendo di farvi è che nella
Bibbia non avvi quanto nei mentovati Concilii si definisce; per es., si dice,
che la dottrina del Purgatorio è appoggiata sulla Bibbia, è secondo la Bibbia; e
nella Bibbia non trovo traccia di Purgatorio.
P. Prima di provarvi che la dottrina del purgatorio è contenuta nella
Bibbia debbo farvi osservare che la Chiesa Cattolica dando alla tradizione la
medesima autorità che dà alla parola di Dio scritta, ne deriva per legittima
conseguenza, che per noi è ugualmente certa una verità proposta dalla Chiesa e
contenuta nella Bibbia, che una verità riconosciuta e proposta dalla Chiesa per
Tradizione. Tuttavia nella presente questione mi servo solamente della
Bibbia.
Se
dovessi ragionare con un cattolico {17 [53]} vorrei addurre molti testi del
vecchio testamento come sono quello di Davidde il quale quando ne' salmi fa
parlare quei che sono nell'altra vita dice cosi: Siamo passati pel fuoco e per
l'acqua, e voi, o signore, ci avete condotti in luogo di refrigerio! (Sal. 65).
Metti il tuo pane e versa il tuo vino sulla tomba del giusto, vale a dire:
convita sulla tomba del giusto i poveri; acciocchè questi preghino per lui; cosi
Tobia in punto di morte, diceva a suo figlio (Tobia, cap. 4). Queste parole
dimostrano come gli antichi fossero fermamente persuasi di un luogo ove le anime
dovessero purificarsi prima di essere condotte alla gloria, e dove potessero in
qualche maniera suffragarsi colle limosine che per loro fanno i
viventi.
Similmente nel libro dell'Ecclesiastico si dice: Fate che la memoria del giusto
sia in riposo, e consolatelo quando l'anima sua uscirà dal corpo. Eccl.
38.
Come
mai potrebbe l'anima essere da altri collocata in riposo ed essere consolata se
non per mezzo dei suffragi che può ricevere da' vivi dopo morte?
Questi
e molti altri testi del vecchio {18 [54]} testamento potrei addurvi; ma poichè
tali autorità sono molto contrastate dai protestanti, io le lascio a parte e
passo al vangelo per vedere quanto il Salvatore ha chiaramente insegnato intorno
a questa verità.
Apriamo
il vangelo di s. Matteo: al Capo 4 leggiamo che Gesù Cristo in forma di parabola
dice: Accordati col tuo avversario mentre sei ancora per istrada con lui;
affinchè il tuo avversario non ti consegni al giudice, e il giudice non ti
consegni al Ministro da cui sii gittato in prigione. In verità io ti dico che
non uscirai di colà finche non abbi pagato fin l'ultimo quattrino. Questo
passo del vangelo in ogni tempo e dallo stesso Martini, che mi dite essere
ammesso da' protestanti, fu sempre inteso cosi: L'avversario è Dio, con
cui noi dobbiamo adoperarci per andar d'accordo con buone opere e con atti di
pentimento per le offese fatte a lui che è sempre avverso a' nostri peccati. La
strada figura la presente vita; il giudice è Cristo, il ministro
ossia torturatore è il demonio; il carcere è il Purgatorio; l'ultimo quattrino
sono i peccati veniali che si scontano nel Purgatorio. -
Se poi
voltiamo alcune pagine dello stesso {19 [55]} Vangelo al Capo 12 troviamo che
Gesù C. non più in forma di parabola ma con dottrina definitiva dice: se
taluno bestemmia contro al Figliuol dell'uomo egli potrà ottenere il perdono di
tal peccato; ma se bestemmia contro allo Spirito S., egli commette un peccato
che non gli sarà più rimesso nè nel secolo presente nè nel
futuro.
Da
questa dottrina del Salvatore apparisce chiaramente esservi peccati che si
perdonano nel secolo futuro altrimenti le sue parole significherebbero niente.
Ma siccome il peccato mortale non può più essere perdonato nell'altra vita, nè
quanto alla colpa, nè quanto alla pena eterna, dunque può solo essere rimesso
quanto alla pena temporale, non nell'inferno, ove non c'è alcuna redenzione,
bensì nel Purgatorio.
M. Ho ascoltato attentamente tutte queste autorità della Bibbia e trovo
che hanno il loro peso. Ho però qualche osservazione a fare. Parlo solo del
passo di S. Matteo Capo 12, come quello che a voi pare più concludente. Questo
stesso è spiegato da noi in questa maniera. Il secolo presente è il tempo
trascorso fino {20 [56]} alla venuta del Messia; il seeolo futuro era il tempo
del Messia, in cui gli uomini avrebbero potuto più facilmente ottenere il
perdono dei loro peccati.
P. Questa è la strana interpretazione che il vostro ministro Baillé dà
alle citate parole del Vangelo.
In
tutti i luoghi della Bibbia ove sono le parole secolo presente, se non
vogliamo fare violenza al senso letterale, dobbiamo intendere la presente vita,
e per secolo futuro la vita che succede dopo la morte; perchè dunque dare
un senso affatto nuovo, anzi contrario alla spiegazione data in ogni tempo a
queste parole del Vangelo? Perchè allontanarci dal senso letterale quando non è
contrario, anzi è consentaneo e spiegato da altri testi della
Bibbia?
Non
sarebbe poi affatto ridicolo che il Salvatore chiamasse secolo futuro il tempo
che in parte era già trascorso, e che tuttora trascorreva sotto gli occhi
suoi?
M. Per secolo presente non potrebbe intendersi il tempo che scorre fino
alla fine del mondo, e per secolo futuro quello che seguirà?
P. Qualora vi piacesse di seguire tale {21 [57]} interpretazione voi
dovreste ammettere che presentemente non esiste ancora il Purgatorio, ma esso
comincierà ad esistere dopo l'ultimo giorno del mondo.
Vi
torna forse gradita tale interpretazione?
M. No, perchè questa sarebbe troppo ridicola; perciocchè se dalla Bibbia
si prova che vi è il Purgatorio, perchè attendere alla fine del mondo per
ammetterne l'esistenza?
P. Dunque ammettiamo il senso più ovvio e letterale, e per secolo
presente intendiamo la presente vita; per secolo futuro la vita che segue dopo
la morte, in cui si può ottenere il perdono di certi peccati.
Quanto
noi leggiamo nel Vangelo sul Purgatorio è con egual chiarezza insegnato da S.
Paolo. Nella lettera che questo apostolo scrive ai Cristiani di Corinto, fra le
altre cose dice: le opere di ciascuno saranno provate; ciascuno poi sarà salvo,
ma purificato come se passasse in mezzo al fuoco.
Finquì
i due compagni del ministro si tacquero; ma all'udire queste due ultime parole,
un di loro si levò in piedi, e intuono {22 [58]} minaccioso: è inutile il
ragionare, prese a dire, queste sono spiegazioni arbitrarie che danno i preti
cattolici al Vangelo: dobbiamo seguire il nostro sistema, e non ammettere altra
spiegazione, se non quella che a ciascuno pare venire dallo Spirito Santo; ed a
me pare, anzi sono certo che non c'è Purgatorio.
M. No, mio caro, non parlare così. Noi siamo venuti qui per ragionare e
non per altercare. Le interpretazioni addotte dal signor Teologo sono appoggiate
sulla Bibbia e meritano di essere attentamente pesate. Se voi avete qualche cosa
ad opporre, ditela, siete in perfetta libertà di parlare: ma con calma e con
tranquillità.
Il
compagno del Ministro: Io dico che non credo nulla al Purgatorio, perchè è
una favola inventata dai preti.
M. Calmatevi, e persuadetevi che il negare senza provare vale
niente.
Comp. Io non ho studiato da poter rispondere, ma so quel che mi dico. Ed
io temo che voi, signor Ministro, continuando in questo ragionamento finiate per
concedere che c'è il Purgatorio. Questa sarebbe cosa veramente ridicola. Basta,
{23 [59]} io non voglio più star qui, me ne vado. Buon giorno.
M. Lasciamolo andare. Vedete, signor Teologo, costui era cattolico:
adesso si è fatto Riformato. Ora il sentirsi a provare una verità a cui egli ha
rinunziato, è una spina pungente al suo cuore. Ciò avviene in generale di quasi
tutti i cattolici che passano alla Riforma.
P. Compiango altamente la posizione di costui che chiude gli occhi alla
verità che vuol di nuovo risplendere nel suo intelletto. Lasciamo adunque che
egli se ne vada. Dio l'accompagni e lo illumini. Ma a voi, signor Ministro, pare
che quanto ho addotto basti a persuadervi dell'esistenza del
Purgatorio?
M. Veramente se vogliamo seguire il senso naturale di quanto abbiamo
esposto finora, dobbiamo conchiudere esservi un luogo di mezzo tra il Paradiso e
l'Inferno, dove le anime possono essere qualche tempo trattenute. Avvi però una
cosa che mi cagiona molta maraviglia, ed è la seguente. In tutti i discorsi e in
tutti i libri cattolici ove si parla del Purgatorio, si mette sempre in scena il
fatto di Giuda Maccabeo, e con esso intendono {24 [60]} di portare compiuta
vittoria; perchè voi non ne avete fatto cenno?
Capo IV. Il fatto di Giuda Maccabeo.
P. Ho differito finora di toccare il fatto di Giuda Maccabeo per servirmi
di sole autorità ricavate da quelle parti della Bibbia che sono egualmente
ammesse dai Cattolici e dai Protestanti. Poichè ora mi invitate a ragionarvi
sopra, io mi offro di esporvelo; ascoltatelo; e dopo farete le vostre
difficoltà.
A'
tempi che Giuda Maccabeo alla testa di un esercito di prodi andava scacciando
dalla Giudea i nemici della patria e della religione, parecchi soldati, contro
gli ordini di Dio e del medesimo Giuda, avevano rubato nella città di Jamnia
alcuni oggetti consacrati agli idoli. Dopo quel fatto, venuti alle mani coi
nemici, la pugna loro riuscì funesta; perdettero quasi tutti la vita. Nell'atto
che si dava sepoltura a quei cadaveri fu scoperto il delitto; il perchè la loro
morte venne risguardata qual giusto castigo del cielo. {25 [61]}
Giuda
Maccabeo pensando che coloro non avessero conosciuta la gravezza di quella
proibizione, o che ne avessero domandato a Dio perdono prima di morire, ordinò
di fare una colletta, la quale montò ad oltre venti mila franchi, da mandare in
Gerusalemme affinchè fossero offerti sacrifizi pei loro peccati. Considerando,
dice la Bibbia, che è riservata una grande misericordia a quelli che muoiono
nella pietà, ed è quindi cosa santa e salutevole il pensiero di pregare pei
morti affinchè siano sciolti dai loro peccati.
M. Questo passo scioglierebbe ogni questione: ma questo libro non può
considerarsi fra i libri divini perchè non fu mai collocato nel canone degli
Ebrei.
P. Per quindici secoli e più il libro de' Maccabei, che contiene questo
fatto, fu tenuto per divino dalla Chiesa universale, dai santi Padri e dai
Concilii. Soltanto i Riformatori del secolo decimo sesto a fine di poter
liberamente negare l'esistenza del Purgatorio sono stati abbastanza arditi di
negarne la canonicità e l'autorità.
M. La qual cosa parmi essere stata fatta ben con ragione, perciocchè noi
{26 [62]} dobbiamo riconoscere per canonici quei libri del vecchio Testamento,
che furono inseriti nel canone degli Ebrei, ma il libro de' Maccabei non è
annoverato in questo canone, dunque devesi rifiutare.
P. Quanto mi dite potrebbe aver luogo pei libri che sono stati scritti
prima del canone di Esdra, ma non per quelli che furono scritti nei tempi
posteriori. Certamente il libro de' Maccabei non poteva essere annoverato nel
canone degli Ebrei, perchè quel canone fu fatto da Esdra, molti secoli prima che
esistesse Giuda Maccabeo e che fosse scritto il libro che contiene le sue
azioni; è lo stesso come se io dicessi, che voi presentemente non potete esser
ministro, perchè prima che esisteste non eravate ancora riconosciuto per
tale.
M. Voi mi fate ridere, signor Teologo: veramente io non pesava bene
queste ragioni. Perciocchè se il libro de' Maccabei è stato scritto dopo che fu
fatto il canone d'Esdra, non poteva essere ivi notato. Tuttavia io trovo che non
solo gli Ebrei non riconobbero per divino questo libro; ma neppur i padri
antichi.
P. Prima di passare al dubbio di alcuni {27 [63]} santi Padri, voglio
ancor farvi notare che gli Ebrei ebbero in grande venerazione il libro di coi
trattiamo. Gli scrittori del Talmud si servono di questo libro; Giuseppe Flavio,
dotto scrittore degli Ebrei, non lo revoca in dubbio. Il medesimo Salvatore dà
grande autorità a questo libro, mentre celebrò egli stesso la festa dei
lumi, istituita da Giuda Maccabeo, e riferita in quel libro.
M. Ma almeno è fuor di questione, che i padri non hanno ammesso questo
libro.
P. Comincio ad osservare, che quando noi adduciamo il consenso dei santi
padri non lo raccogliamo da alcuni separatamente; nè da quelli che vissero in
tempo delle persecuzioni, in tempo che, non essendo ancora insorte questioni su
tali dogmi, la Chiesa non aveva ancora parlato. Quando noi adduciamo il consenso
dei padri, intendiamo il consenso dei Santi più celebri e precisamente di quelli
che, cessato il terrore delle persecuzioni, poterono liberamente parlare e
conoscere pienamente le decisioni della Chiesa. Il consenso dei Padri così
inteso non lascia alcun dubbio intorno alla canonicità del libro de' Maccabei.
{28 [64]}
Fin dai
primi tempi della Chiesa questo libro leggevasi cogli altri libri della Bibbia
nelle radunanze dei Cristiani. Il concilio terzo Cartaginese confermando quanto
era prima stabilito intorno alla Bibbia, tra i libri canonici annovera anche
questo de' Maccabei: questi sono i libri, dicono gli atti di quel
Concilio, che i nostri padri ci hanno insegnato a leggere nella Chiesa sotto
il titolo di Scritture divine e canoniche.
S.
Agostino mette questo libro fra il canone delle scritture sante; di cui ci dà
l'enumerazione e se ne serve per confutare gli eretici.
Papa S.
Innocenzo I in risposta di una lettera di S. Esuperio vescovo di Tolosa l'anno
405 colloca parimente il libro dei Maccabei fra le Scritture sacre.
S.
Gelasio papa nel 494 nel concilio romano composto di settanta vescovi, decretò
quali fossero i libri da tenersi per canonici, e tra questi vi è il libro de'
Maccabei.
In una
parola, appena la Chiesa proferì il suo giudizio intorno al numero dei libri
canonici, non vi fu più alcun santo padre che abbia mosso il minimo dubbio {29
[65]} intorno alla canonicità del libro de' Maccabei. Ma per togliere fin
l'ombra di opposizione, voglio lasciare un momento a parte la canonicità di
questo libro; e dico ai protestanti: voi, o Protestanti, ammettete i libri de'
Maccabei come storia veridica. Dunque è un fatto storico che al tempo de'
Maccabei gli Ebrei, i sacrificatori e tutta la Sinagoga pensavano essere cosa
pia l'offerir sacrifici pei defunti affinchè fossero sciolti dalle loro colpe.
Il citato Giuseppe ebreo conferma quanto diciamo, allorchè asserisce che i
Giudei non pregavano per coloro che si fossero data volontariamente la morte;
dunque pregavano per gli altri. Ora per certo non pregavano per coloro che erano
nel seno di Abramo ove nulla più era bisogno; neppure pregavano per quelli che
erano all' inferno, dove sono inutili le preghiere. Di più le loro preghiere
erano dirette ad ottenere il perdono dei peccati pei defunti, i quali perciò non
erano creduti trovarsi nel seno di Abramo ove niente d'impuro era ammesso; tanto
meno all' inferno, dove non c'è più nè speranza nè perdono. Andavano adunque ad
uno stato intermedio tra l'uno e l'altro, {30 [66]} e questo stato di mezzo,
voi, signor Ministro, chiamatelo come volete, noi lo chiamiamo
purgatorio.
M. Bene, benissimo. Questo è veramente ragionare con ordine. Io non era
molto avverso al purgatorio anche prima di questo trattenimento; perchè dopo
aver letto attentamente la spiegazione che si suol dare tra di noi a parecchi
testi della Bibbia, io era poco soddisfatto. Ora non avrei alcuna difficoltà di
ammettere coi Cattolici l'esistenza del Purgatorio.
Non
posso però dissimularvi che mi fa grande specie il non essersi mai parlato di
purgatorio nei primi tempi della Chiesa; perciocchè trattandosi di un dogma di
tale importanza quale si è l'esistenza del Purgatorio, mi pare che se ne sarebbe
dovuto parlare.
P. Prima di passare a ragionare della dottrina professata nei primi tempi
della Chiesa sul Purgatorio, debbo premettere alcune osservazioni. In primo
luogo nel riferire la dottrina cattolica contenuta nella Bibbia, vi ho solamente
citati alcuni testi in quella contenuti; ce ne sarebbero ancor molti altri
nell'antico e nel nuovo Testamento. S. Paolo talvolta impiega intiere {31 [67]}
pagine delle sue lettere per ravvivare la credenza di uno stato intermedio
nell'altra vita. È bene eziandio ch'io vi osservi, che quando un dogma è
contenuto nei libri santi, quando anche più nulla ne fosse stato scritto nei
tempi posteriori, ciò non importa, dovendo bastare che esso sia chiaramente
rivelato nella Bibbia. Ciò posto, eccomi ad appagare il vostro desiderio. Voi
diceste…
M. Ho detto che non ho alcuna difficoltà di riconoscere coi cattolici uno
stato intermedio; ma che mi fa grave specie non essersi di ciò parlato nei primi
tempi della Chiesa.
P. È questa una delle solite gherminelle. Caro sig. Ministro, se dai
protestanti si leggesse un po' più la storia ecclesiastica, quante cose
sarebbero meglio conosciute e forse anche credute dai protestanti, i quali
formerebbero perciò miglior giudizio della Religione cattolica. Ora ascoltate
come i santi Padri dei primi secoli parlarono del Purgatorio e dei suffragi pei
defunti.
S.
Cipriano vescovo di Cartagine, martirizzato nel terzo secolo, parla così: alla
Chiesa si fa commemorazione di {32 [68]} tutti i morti che chiusero i loro occhi
nella comunione del corpo e del sangue del Signore: vale a dire di tutti quelli
che avendo ricevuti i santi Sacramenti prima di morire, facevano sperare di
essere morti in grazia di Dio.
S.
Ambrogio vescovo di Milano nel quarto secolo, nell'occasione ch'era morto suo.
fratello Satiro, erasi dato la massima sollecitudine di pregare ed offerire il
santo sacrificio della Messa per suffragare l'anima di lui.
Che
cosa egli non fece quando morì l'imperatore Teodosio? Celebrando le esequie di
quel monarca: mio Dio, andava esclamando, io vi scongiuro di concedere la
tranquillità ed il riposo eterno al vostro servo Teodosio. Io l'ho amato in
vita; ed ora non l'abbandonerò, finchè voi, mio Dio, non l'abbiate accolto nei
celesti vostri tabernacoli. Orat. fun. Theod.
S.
Agostino vescovo d'Ippona scrive di sua madre, che mentre dall'Italia recavasi
in Africa, giunta al porto di Ostia, non molto distante da Roma, cadde
gravemente ammalata. Quella donna cristiana, scorgendosi vicina a morte chiamò a
sè s. Agostino suo figlio con Naviglio di lui {33 [69]} fratello, e loro parlò
così: Sotterrate pure questo corpo ovunque si può, nè datevi di esso alcun
pensiero; unicamente vi prego di non dimenticarvi di me, ovunque sarete, dinanzi
all' altare del Signore. Confess. lib. 9.
Il
medesimo s. Agostino scrisse altrove: dicano ciò, che vogliono gli Eretici: ma
bisogna dire, che è pratica antichissima della Chiesa di pregare ed offrire
sacrifizi pei morti. Lib. de hæres. 53.
Questo
santo Padre tenne vari discorsi in cui raccomandava preghiere, sacrifizi ed
altre opere di pietà da farsi in suffragio delle anime dei defunti. Di più
compose un libro intitolato: Della cura che si deve avere dei defunti. In
questo libro al Capo primo sta scritto così: «Leggesi nei libri de' Maccabei
essersi offerto sacrificio pei morii; ma sebbene ciò non fosse attestato nelle
antiche scritture, per noi è di gran peso l'autorità della Chiesa universale, la
quale in questa consuetudine risplende quando nelle preghiere che il sacerdote
dall'altare offre al Signor Iddio, tien luogo eziandio la commemorazione pei
morti»
S.
Giovanni Grisostomo vescovo di {34 [70]} Costantinopoli, nel predicare al suo
popolo, fra le altre cose diceva: non indarno gli Apostoli stabilirono che,
quando si celebrano i tremendi misteri si faccia commemorazione di coloro che
erano già passati all' altra vita; perciocchè essi sapevano che tal cosa tornava
a quelli di grande vantaggio e sollievo. Quando tutto il popolo e tutto il clero
alza le mani, e dinanzi a loro vien collocata l'ostia tremenda, forse in tal
maniera non placheremo l'ira divina? Hom. in ep. ad Philipp.
M. Che profluvio di testi o d'autorità. Io riposo tranquillo sulla vostra
onestà, senza darmi briga di verificare le vostre asserzioni; sono persuaso che
non vorrete vendermi lucciole per lanterne. Però tra di noi si fa una difficoltà
cui non so come i cattolici possano rispondere.
P. Ditemi qual sia questa difficoltà e credo che anche questa sarà
facilmente spianata. -
M. Ecco la mia difficoltà. Noi riformati concediamo che è molto antica la
credenza del Purgatorio; e si dice comunemente che cominciò a propagarsi dugento
anni dopo l'era volgare: prima non si è mai parlato di ciò. Mentre voi
esponevate {35 [71]} la testimonianza di vari padri, stava ben attento per
osservare se facevate menzione di qualcuno che fosse vissuto nei primi secoli
della Chiesa; ma voi avete sempre parlato dei padri vissuti nel terzo, nel
quarto secolo, senza citarne neppure uno anteriore a quel tempo.
P. A bella posta ho voluto tacere delle testimonianze dei due primi
secoli per lasciarvi motivo di fare questa difficoltà. Prima di rispondere stimo
bene di rinnovare qui l'osservazione già fatta altrove, cioè, che dato anche il
silenzio di due secoli intorno al Purgatorio forse che la lunga serie di testi
della Bibbia, dei concilii e dei padri che vissero nei secoli immediatamente
posteriori e che unanimi trovano tale dottrina fondata sulla Bibbia, praticata e
predicata dagli Apostoli, questi padri, dico, non possono renderci abbastanza
certi che la dottrina del Purgatorio fu conosciuta nei primi tempi della chiesa?
Tuttavia per compiacervi ridurrò la questione sotto al suo vero aspetto, affine
di rispondervi direttamente. Voi, signor Ministro, mi concederete che nel primo
secolo della Chiesa era conosciuta la dottrina del purgatorio: perchè abbiamo
veduto essere ciò chiaro {36 [72]} nel vangelo, proposto dagli Apostoli e
chiaramente predicato da s. Paolo.
M. Non vedo difficoltà a concedervi che la dottrina del purgatorio sia
stata conosciuta ai tempi apostolici, epperciò nel primo secolo della
Chiesa.
P. Voi concederete eziandio che tutti i riformati vanno d'accordo che
dall' anno 200 all' insù fu sempre più manifestato, creduto e predicato il dogma
del Purgatorio.
M. Ciò è posto fuor di questione anche tra i riformati.
P. Tutta la difficoltà adunque si riduce al secondo secolo.
M. Appunto.
P. La vostra difficoltà è sciolta con tutta facilità. E voi vedrete
quanto poco conoscano la Storia Ecclesiastica coloro che dicono nel secondo
secolo non farsi parola nè di purgatorio nè di preghiere pei
defunti.
Se
l'autorità di s. Dionigi areopagita fosse ammessa dai protestanti, la cosa
sarebbe tosto sciolta, giacchè egli visse sul finir del primo e sul principio
del secondo secolo. Egli trattò cogli Apostoli e scrisse un' opera intitolata
della gerarchia {37 [73]} Ecclesiastica dove riferendo le cose del suo tempo
dice: Nelle funzioni funerarie avvicinandosi il venerando vescovo, fa una
sacra preghiera sopra il morto; e con quella preghiera invoca la divina
misericordia affinchè al defunto siano perdonale tutte la colpe commesse per
umana fragilità e così venga collocato nello splendore e nell'abitazione dei
viventi. De Hierarchia Eccl. parte 3, Capo 7°.
Non è
forse questa dottrina perfettamente d'accordo con quella che professa oggidì la
Chiesa cattolica intorno al purgatorio?
Ma
poichè da parecchi eruditi si vuole che il libro della gerarchia sia di
altro autore e scritto sol principio del terzo secolo: così io cerco altri padri
la cui autorità e posta fuori di ogni dubbio.
Clemente Alessandrino, che visse pure nel secolo secondo, dice che il cristiano
il quale muore dopo di aver abbandonati i suoi vizi, deve ancor cancellare per
mezzo d' un supplizio i peccati commessi dopo il battesimo; e poco dopo
soggiunge: Il cristiano si deve muovere a pietà dello stato di quelli che puniti
dopo la morte, loro malgrado confessano le proprie colpe {38 [74]} con un
supplizio che devono patire. Strom. lib. 6 e 7.
S.
Giustino martire, nel suo dialogo con Trifone ed Origene hanno quasi le medesime
espressioni. Origene in ispecie in dodici luoghi delle sue opere insegna la
medesima dottrina. Ma io non voglio citarvi questo dotto scrittore, perchè
l'autorità di esso è sospetta ai protestanti pel motivo che pare aver creduto
che i medesimi dannati possano essere suffragati da' vivi. -
Vi
parlo piuttosto di Tertulliano celebre scrittore di Africa e contemporaneo
d'Origene. E poichè abbiamo qui le sue opere possiamo leggere insieme quanto
riguarda al purgatorio. Vedete qui nel libro De anima, vedete come espone
le parole del Capo quinto di s. Matteo che noi abbiamo riferite; egli le applica
al purgatorio e conchiude con dire: nell'altra vita vi è una prigione donde 1'
uomo non esce se non quando ha pagato l'ultimo quattrino.
Leggete
qui un po' più avanti, in questo medesimo volume, avvi un altro libro
intitolato: delle corona del soldato. Quivi comincia a dire che ci sono
molte cose praticate nella Chiesa che si debbono {39 [75]} ammettere, quantunque
non registrate nella scrittura. Noi rigetteremmo, egli dice, ciò, che non
trovasi nei sacri libri se non avessimo l'esempio di molte cose, le quali noi
pratichiamo senz' alcun testimonio della scrittura, e che sosteniamo pel solo
titolo della tradizione.
Tra
queste cose si annoverano le oblazioni che noi facciamo per i morti. Che se voi
cercate l'istituzione di queste cose e di altre simili non le troverete nella
scrittura, ma le troverete nella tradizione che le autorizza, nella consuetudine
che le conferma, nella fede che le osserva.
Dopo di
aver in tal guisa spiegato il suo sentimento intorno alla tradizione, continua
così: Secondo la tradizione ricevuta da' nostri maggiori, ogni anno ad un giorno
stabilito noi facciamo sacrifizi pei defunti. Ex maiorum traditione prò
defunctis annua die facimus. Queste cose Tertulliano scriveva circa cento
anni dopo la morte del Salvatore, quando vivevano ancora parecchi discepoli
degli Apostoli; perciò per tradizione dei maggiori, ivi non altro s'intende che
la tradizione apostolica.- Tert. de corona mil. cap. 3 e 4. Vedete,
signor Ministro, se nel secondo secolo della {40 [76]} Chiesa non parlasi del
purgatorio e dei suffragi pei defunti.
M. Queste cose io le trovo chiare e ben a proposito, nè saprei dirvi
sopra quali cose i nostri appoggiano le loro asserzioni. Forse vorranno dire che
siasi soltanto parlato di ciò ne' libri, ma che non ci sieno fatti; vale a dire,
che sia stato un uso antico tramandato dall'uno all' altro per iscritto, senza
che siasi mai praticato.
P. Se scrivevano e davano norme di tali pratiche, è segno che avevano
luogo tra' fedeli, altrimenti gli scrittori avrebbero parlato di cose inutili e
non esistenti. Credo però che voi, signor Ministro, andiate facendo le
osservazioni, cui vi risponde questo medesimo libro di Tertulliano.
Voltiamo alcune pagine e troviamo come il medesimo autore dopo di aver
raccomandalo ad una certa vedova di pregare per l` anima di suo marito, facendo
fare ogni anno particolari sacrifizi nel giorno anniversario di sua morte,
continua cosi: Che se voi, o donna, ciò non farete, per quanto sta in voi,
rinnegate vostro marito. Lib de Monogamia {41 [77]}
Capo V. Le sette separate dalla Chiesa cattolica fanno suffragi pei defunti.
P. Che
se voi, signor ministro, dalla pratica, e dalla credenza del purgatorio dei
tempi primitivi della Chiesa, se da quanto dissero i padri, passate alla pratica
in ogni tempo seguita dalla Chiesa cattolica, vedrete che fin dai primi tempi si
praticavano riti, cerimonie, si celebravano messe, si facevano digiuni, limosine
ed altre pie opere in suffragio delle anime dei morti. Basta leggere le liturgie
antiche, cioè quei libri che contengono le norme con cui erano regolati i santi
misteri.
M. Sicuramente le liturgie sono di gran peso per provare una qualche
verità; ma queste appartenendo alla chiesa Romana non avvi maraviglia che esse
contengano molte cose favorevoli ai suffragi dei defunti. Vorrei che mi parlaste
delle liturgie delle altre società cristiane che si sono separate dalla chiesa
Romana, imperciocchè se esse nella loro prima separazione {42 [78]} conservarono
l'uso di far preghiere e sacrifizi pei defunti, è segno manifesto che tale
pratica era riconosciuta d'instituzione divina.
P. Se così vi aggrada lascerò a parte la liturgia della chiesa Romana,
come quella che fuor d'ogni dubbio chiaramente propone il Dogma del purgatorio,
e raccomanda i suffragi dei defunti. Mi limiterò a parlarvi delle liturgie
eterodosse, cioè delle liturgie usate dalle società che un tempo si separarono
dalla Chiesa cattolica. Cominciamo dalla liturgia del Malabar, che è quella
seguita dai nestoriani separatisi dalla Chiesa nel secolo V. Ecco come quella
liturgia si esprime ove parla de' suffragi pei defunti: «Ricordiamoci dei nostri
padri, dei nostri fratelli, dei fedeli che sono usciti da questo mondo nella
fede ortodossa; preghiamo il Signore che li assolva, e loro rimetta i peccati,
le prevaricazioni, e li renda degni di partecipare della felicità eterna coi
giusti che hanno fatto la volontà di Dio sopra la terra.»
Un'
altra liturgia che conservasi pure presso ai Nestoriani del Malabar contiene le
seguenti parole: «Signor Iddio degli {43 [79]} eserciti, ricevete anche questa
oblazione per la Chiesa Cattolica, pei preti, pei principi cattolici, per coloro
che gemono nella povertà, nell'oppressione, nella miseria, nelle lagrime e
pei fedeli defunti.» Ed altrove nella medesima Liturgia: «Date, o mio
Dio, la pace e il riposo dalle quattro parti del mondo; distruggete la guerra,
confinate le battaglie al di là della estremità della terra; confondete le
nazioni che vogliono la guerra, sciogliete le catene, i peccati e tutti i
debiti di quelli che sono morti: noi ve ne supplichiamo per la vostra
misericordia e bontà infinita.»
La
Liturgia Caldea, che è seguita da alcuni seguaci di Nestorio che si stabilirono
nel paese ove erano gli antichi caldei, ha quanto segue pel suffragio dei
defunti: «Ricevete questa oblazione, o mio Dio, per tutti quelli che piangono,
che sono ammalati, che soffrono nell'oppressione, nelle infermità, nelle
calamità e per tutti i trapassati che la morte ha separati da
noi.»
Nei
belli ed affettuosi ringraziamenti che i Nestoriani fanno dopo la celebrazione
dei santi misteri, i morti non sono {44 [80]} mai dimenticati: «Benedite, o
Signore, tutti i defunti, perdonate i loro peccati.»
I
Nestoriani a differenza di tutti gli altri Orientali hanno una messa particolare
pei defunti. Le preghiere, i segni, le cerimonie, le benedizioni, tutto è
diretto a loro suffragio.
La
liturgia armena, che è seguita dagli Eutichiani dell'Armenia, i quali si
separarono dalla Chiesa nel secolo quarto, quella liturgia ha una messa apposta
pei defunti ove fra le altre cose si dice: «Ricordatevi, o Signore, e siate
misericordioso verso le anime dei defunti, e siate in maniera particolare
propizio a quelle, per cui vi offriamo questo santo sacrifizio.»
Questa
medesima liturgia somministra bellissime preghiere pei vivi e pei morti. Ad un
certo punto delle sagre funzioni, il diacono si volge al popolo e dice ad alta
voce: noi dimandiamo che in questo sacrificio sia fatta menzione di tutti i
fedeli in generale, uomini e donne, i quali sono morti nella fede di Gesù
Cristo.
Dal
coro si risponde: o Signore, ricordatevi di loro ed abbiate pietà.
Il
sacerdote solo continua così:Date loro {45 [81]} il riposo eterno, la luce e un
posto fra i vostri santi nel celeste regno, e fate che siano degni della vostra
misericordia. Ricordatevi, o Signore, ed abbiate pietà dell'anima del vostro
servo N. secondo la vostra misericordia. Ricordatevi, o Signore, anche di quelli
che sono raccomandati alle nostre preghiere vivi e defunti. Concedete loro i
veri beni che non finiranno più.
I Greci
del patriarcato di Costantinopoli da circa dodici secoli si servono di due
liturgie conosciute sotto il nome di S. Basilio e di S. Giovanni Grisostomo. In
esse leggesi questa raccomandazione pei morti: Noi vi offriamo questo sacrificio
anche pel riposo e per la liberazione dell'anima del vostro servo, affinchè ella
sia accolta nel luogo di luce eterna ove non v'è più nè dolore nè gemito. Voi, o
Signor mio Dio, fatela riposare in quel luogo dove brilla in eterno lo splendore
della vostra faccia.
Qui è
bene di osservare che questa liturgia è seguita non solo dalle chiese greche
dell'Impero Ottomano che dipendono dal patriarcato di Costantinopoli; ma è
parimenti seguita da tutte le chiese {46 [82]} greche che sono in Occidente, a
Roma, nella Georgia, nella Mingrelia, nella Bulgaria e in tutta la
Russia.
Sulla
credenza e sulla pratica dei Russi e di tutti i Greci in generale, noi abbiamo
una testimonianza chiarissima nel loro grande catechismo detto anche la
confessione dei Russi, ed a cui i patriarchi di rito greco hanno di poi dato
il titolo di Confessione ortodossa della Chiesa orientale. Ora in quella
liturgia, sul settimo articolo del Simbolo, si legge: dopo morte le anime non
possono più ottenere salute o remissione dei loro peccati col loro pentimento o
in altre maniere; ma hanno bisogno delle opere buone e delle preghiere dei
fedeli e soprattutto del santo sacrifizio immacolato, che la Chiesa offre tutti
i giorni per i vivi e per i morti.
La
liturgia cofta, detta comunemente di S. Marco e seguita dai cristiani che
abitano l'Egitto e che rimonta ai primi tempi della Chiesa, fa commemorazione
dei morti come segue: Ricordatevi, o Signore, di tutti quelli che riposano ed
hanno finito i loro giorni nel sacerdozio, come pur di tutto l'ordine dei laici.
Degnatevi, {47 [83]} o Signore, di accordare il riposo alle loro anime nel seno
di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. Accoglietele nel paradiso di delizie, nel
soggiorno dove non v'è più nè dolore, nè tristezza, nè sospiro di cuore, e dove
risplende eternamente la luce dei vostri santi.
A
questo punto i diaconi recitano i nomi dei defunti, poscia il sacerdote continua
cosi: comandate, o Signore, che le anime da voi chiamate vadano ad abitare nel
luogo di eterna felicità. Dopo alcune cerimonie il sacerdote ritorna a pregare e
dice: per mezzo dell'angelo della luce, o Signore, conservate quelli che sono
vivi, e date la felicità del paradiso alle anime dei defunti, che si trovano nel
seno di Abramo, di Isacco e di Giacobbe.
La
liturgia degli Abissini o degli Etiopi contiene quanto segue: o mio Dio, abbiate
pietà delle anime dei vostri servi e delle vostre serve che si nutrirono del
vostro corpo e del vostro sangue, e alla loro morte riposarono nella vostra
fede. Dopo la consacrazione il prete fa un'affettuosa preghiera che finisce
così: salvate eternamente quelli che fanno la vostra volontà, consolate le
vedove, sollevate {48 [84]} gli orfani e quelli che si addormentarono e sono
morti nella fede: degnatevi, o Signore, di riceverli.
Nella
liturgia Siriaca, seguita dagli Eutichiani, ed anche dai Cattolici abitanti
della Siria, avvi quanto segue: noi facciamo espressamente commemorazione di
tutti i trapassati che sono morti nella vera ede, sia che abbiano appartenuto a
questa chiesa ed a questo paese od a qualunque altra regione appartengano,
purchè siano giunti a voi, o mio Dio, che siete il padrone di tutti gli spiriti
e di tutta la carne. Noi preghiamo, imploriamo e supplichiamo Cristo nostro
Iddio che ha ricevuto queste anime, di usar loro misericordia e renderle degne
del perdono dei loro peccati, e di farci pervenire con loro nel regno celeste.
Perciò noi diciamo tre volte: kyrie, eleison, o Signore, abbiate
misericordia.
Dopo di
che il prete profondamente inclinato prega pei morti, quindi ad alta voce
continua così: oh mio Dio, Signore di tutti gli spiriti e di tutta la carne,
ricordatevi di quelli che sono usciti da questo mondo nella vera fede. Date
riposo alle loro anime, rendendole degne della {49 [85]} felicità che si gode
nel seno di Abramo, d'Isacco e di Giacobbe, dove eternamente risplende la luce
della vostra faccia, e donde sono banditi i crucci, i dolori ed i sospiri. Non
entrate in giudizio coi vostri servi; perchè niuno degli uomini è giustificato
davanti a voi; come pure lo è nessuno di quelli che vivono sopra la terra. Chi
mai fu sempre esente dal peccato è da ogni sorta di macchia ad eccezione di
vostro figlio unico e nostro Salvatore G. C. nei cui meriti speriamo per noi e
per quelli misericordia e remissione dei peccati?
L'antica liturgia conosciuta sotto il nome di S. Giacomo, citata da alcuni
concilii della Chiesa, e spiegata da S. Cirillo nel quarto secolo, mette nella
bocca del sacerdote la preghiera seguente: Signore nostro Iddio, ricordatevi di
tutte le anime di cui noi abbiamo fatto memoria, di tutti quelli che sono morti
nella vera fede, da Abele giusto fino ai nostri giorni. Fategli riposare nel
paese dei viventi nel vostro regno, nelle delizie del paradiso, nel seno di
Abramo, di Isacco e di Giacobbe, nostri santi Padri, ove non ci sono più nè
dolori, nè pianti, {50 [86]} nè sospiri, nè tristezza, dove lo splendore del
vostro aspetto, che vede tutto, risplende in tutta la sua maestà per tutti i
secoli.
S.
Cirillo la spiegava cosi ai Neofiti, cioè a quelli che da poco tempo erano
venuti alla fede: celebrando il santo sacrifizio noi preghiamo in ultimo luogo
per quelli che sono morti tra noi, giudicando che le loro anime ricevano molto
soccorso dal tremendo sacrifizio dei nostri altari. Se i parenti di qualche
povero esiliato presentassero al principe una corona d' oro per calmare il suo
sdegno, ciò sarebbe senza dubbio un buon mezzo per ingaggiarlo ad abbreviare il
tempo dell'esilio, e raddolcirne le pene. Così noi pregando pei morti durante il
sacrificio, noi offriamo a Dio non una corona d'oro, ma G. C. suo figlio, morto
pei nostri peccati, affine di rendere propizio a quelli ed a noi colui che di
sua natura è portato alla clemenza.
La
liturgia mozzaraba o spagnuola, fra le altre cose ha quanto segue riguardo ai
suffragi dei defunti: noi vi offriamo, o Padre sovrano, quest'ostia immacolata
per la vostra santa Chiesa, per la santificazione {51 [87]} del secolo
prevaricatore, per la purificazione delle nostre anime, per la sanità dei nostri
infermi, pel riposo e per l'indulgenza dei fedeli defunti, affinchè, cangiando
soggiorno da quella trista dimora, vadano a godere la compagnia dei beati in
cielo.
Le
costituzioni apostoliche, che sono una specie di liturgia antichissima, e da
molti attribuita ai medesimi apostoli, leggiamo: o fratelli, radunatevi nei
cimiteri, e fate ivi la lettura dei libri sacri, cantate ivi dei salmi pei
martiri, per tutti i santi, per tutti i vostri fratelli, che sono morti nella
pace del Signore.
Si
potrebbe a proposito delle cose apostoliche aggiugnere guest' altro passo assai
più concludente. Nel lib. 8 cap. 41, dove si tratta dei funerali pei morti, il
diacono volto al popolo lo esorta in questi termini: «Preghiamo pei fratelli,
che riposarono in Cristo, affinchè il Dio amante degli uomini, il quale riceve
l'anima di questo defunto, gli rimetta ogni peccato volontario e non volontario,
e fatto a lui propizio e. clemente lo collochi nella regione dei santi che
riposano nel seno di Abramo, d'Isacco e di Giacobbe, {52 [88]} donde è sempre
sbandito il dolore, la tristezza e il gemito.» Quindi il vescovo fa una
preghiera nel senso di questo invilo.
Io
potrei addurvi ancora quanto dicono molte altre liturgie a questo proposito, ma
parmi che quanto vi ho detto debba abbondantemente farvi conoscere che tutte le
società ovvero le sette che un tempo si separarono dalla Chiesa, conservarono il
dogma del Purgatorio e la pratica di pregare in suffragio dei
defunti.
Che
dite, signor Ministro, di questo consenso universale di tutte le
liturgie?
M, Non dico altro se non che avete parlato benissimo; fortuna, che tali
cose non sono conosciute tra di noi, altrimenti non sarebbero più ascoltati
quelli che scrivono o predicano contro al Purgatorio.
Per me
vi assicuro che non ho alcuna difficoltà di ammettere coi cattolici il
purgatorio e il suffragio pei defunti.
Una
cosa però vorrei osservare. Questo consenso delle liturgie prova che i cristiani
generalmente hanno sempre creduto al Purgatorio; piacerebbemi però di sapere se
quelli che vissero o vivono {53 [89]} fuori del cristianesimo ne abbiano avuto
qualche cognizione. A me pare che se il Purgatorio è una cosa così ragionevole,
come pretendono i cattolici; quei popoli non lo avrebber potuto ignorare. Non mi
ricordo mai di aver letto che i Gentili o Pagani od altri popoli non cristiani
abbiano avuto tale credenza.
P. Il Purgatorio è una verità sommamente conforme ai principii della
giustizia. epperò eminentemente conforme alla ragione: ma siccome è un dogma
rivelato dalla fede, quand'anche tutti i popoli privi del lume della rivelazione
l'avessero pienamente ignorato, non si potrebbe conchiudere da ciò ch'esso non
fosse una verità. Un articolo di fede può essere cosi superiore alla ragione che
questa di per sè non possa arrivare a scoprirlo in nessun modo: e tuttavia
quando il lume della rivelazione glielo faccia conoscere, essa può vedere in
quell’ articolo. una grande convenienza colle sue regole. Ma nel caso nostro,
signor Ministro, noi abbiamo i popoli che rendono una non dubbia testimonianza
al dogma del Purgatorio. {54 [90]}
Capo VI. Consenso universale pei suffragi de' defunti.
M. Non
voglio contrastare che presso agli Ebrei, e presso alle varie società cristiane
siasi conservata la credenza del Purgatorio. Perciocchè costoro attinsero tutti
alla medesima fonte o della Bibbia o della Chiesa, e di ciò ne abbiamo già
parlato abbastanza, nè avrei alcuna cosa da opporre.
La mia
sorpresa sta nello scorgere un profondo silenzio presso a tutti i popoli pagani;
la qual cosa fa credere essere stato giuoco d'industria presso a' cristiani
l'idea del Purgatorio.
P. Stupisco veramente che voi, signor Ministro, non abbiate letto come
tutti i popoli pagani abbiano generalmente e si può dire in ogni tempo mostrato
di credere al Purgatorio. Credo piuttosto che abbiate ciò dimenticato, o non ci
abbiate fatto sopra alcuna riflessione. Io non saprei ben dirvi se questo dogma
sia naturale all'uomo, e perciò conosciuto col solo lume della ragione, oppure
sia un {55 [91]} avanzo di rivelazione primitiva dai nostri primi padri
trasmessa ai vari popoli della terra. Certo è, che i popoli pagani ci hanno
conservato l'idea del Purgatorio. Passiamo ai fatti.
E un
fatto che gli antichi riconoscevano tre differenti stati dell'anima dopo morte.
Il primo era lo stato di vera felicità che le anime sante godevano eternamente
in cielo. Il secondo era di quelli che vissero assolutamente trascurati (come
dice Plutarco) e che pei loro misfatti soffrono supplizi eterni, in un luogo
di tormenti che solevano eziandio chiamare inferno. Il terzo stato, intermedio
tra il cielo e l'inferno, era quello delle anime che senza aver meritato i
castighi eterni erano ancor debitrici alla giustizia divina. - V. Morino: uso
della preghiera pei morti.
Gli
Spartani fra le leggi ricevute da Licurgo ebbero anche questa, di non piantare
vicino alle tombe altri alberi se non olivi in segno della misericordia e della
carità che si deve avere per i morti. Plutarco, vita di
Licurgo.
Gli
Etiopi erano soliti di innalzare statue, entro le quali chiudevano le ceneri dei
morti, ed i parenti più prossimi offerivano {56 [92]} ogni anno le primizie
delle biade, e vi facevano sacrifizi di altro genere. V. Diodoro
Sicolo.
Aristotile ne' suoi problemi lasciò anche questo: è cosa più pia prestare
soccorso ai defunti che ai viventi.
Platone
padre dei filosofi greci stabilisce anch' egli tre stati nell' altra vita.
Quello dei giusti che godono una felicità eterna in Cielo; dei malvagi che sono
puniti con supplizi eterni nel tartaro; gli sfortunati le cui colpe sono
guaribili, e sono soltanto puniti perchè, diventino migliori. Dopo di aver
stabiliti questi tre stati, continua così: Coloro che sono vissuti nè affatto
colpevoli, nè affatto innocenti, sono rinchiusi in un luogo dove soffrono pene
proporzionate alle proprie colpe finchè siano purgati dai loro peccati, quindi
messi in libertà vadano a ricevere la ricompensa delle opere buone che hanno
fatto. Platone in Phaed.
La
medesima credenza troviamo presso agli antichi Italiani.
Gli
Albani erano soliti a portare le cose più preziose sopra i sepolcri dei loro
parenti od amici defunti. La qual cosa deve cerlamente recare confusione ai
Cristiani, {57 [93]} i quali, per un vile risparmio mandano talvolta alla
sepoltura i loro più stretti congiunti con pompa da far arrossire i pagani
medesimi.
Celebri
poi sono le parole con cui il filosofo Seneca confortava Marzia, matrona romana,
nella morte di suo figlio. Non occorre, le diceva, che li affanni per andare al
sepolcro di tuo figlio? tra di noi avvi solamente il suo corpo; l'anima sua andò
a dimorare alquanto in luogo sopra di noi per purgare alcuni vizi contratti in
vita sua. Ora fu portato in luoghi eccelsi: volò fra le anime beate, i santi lo
accolsero. Seneca de consol. ad Mart.
Noi
troviamo la medesima dottrina nell' Eneide di Virgilio, celebre poeta latino.
Chiusa l' anima, egli dice, come dentro ad un' oscura prigione, non porta più
gli sguardi verso la sua origine celeste. In quell' ultimo momento che abbandona
una vita caduca, ella non può intieramente svincolarsi dai vizi e dalle lordure
frequenti che ha necessariamente contratto per la infelice unione col corpo.
Colà le anime tra le pene e tra i supplizi espiano le colpe passate. Le une
sospese in aria sono esposte alla gagliardia {58 [94]} dei venti. Altre sono
attuffate nel fondò di un vasto stagno dove lavano le macchie delle loro colpe;
altre sono purificate col fuoco. Noi passiamo tutti per qualche prova, dopo cui
siamo accolti nelle vaste pianure dei Campi Elisi, e là ci staremo, ma in piccol
numero, in quel beato soggiorno, in eterno; ma non andremo colà finchè il tempo
non abbia perfettamente cancellato le nostre sozzure, e che le nostre anime
sciolte da ogni sorta di laccio abbiano ricuperata la purezza della loro celeste
origine e la semplicità della loro essenza. Æneidos l. VI, v. 733
etc.
Se noi
avessimo poi tempo a percorrere gli usi antichi dei pagani, troveremmo che tutti
i popoli facevano sacrifizii pei morti. Platone parla di questi sacrifizi
dicendo che «non solamente i privati sono obbligati, ma le città stesse devono
guardarsi dal trascurare queste sante pratiche che sono di una grande efficacia
per liberare i morti dai tormenti che soffrono.» De Rep. lib.
2.
Quindi
l'uso sì frequente presso gli antichi di placar gli Dei Mani; di unirsi
insieme a far solennità, sacrifizi, alfine di rendere le loro divinità più
propizie verso i defunti. {59 [95]}
Ciò che
noi leggiamo dei Greci e. dei Romani, è praticato eziandio presso agli Indiani,
ai Chinesi, agli Americani. Onde se vogliamo con pazienza consultare le liturgie
e le vane religioni di tutti i popoli dei tempi andati, noi troveremo che la
credenza del Purgatorio è universale e ammessa da tutti.
Dal fin
qui detto noi possiamo dedurre la conseguenza che tutti i popoli della terra,
Ebrei, Cristiani, Gentili, Pagani, sebbene le loro credenze sieno le une diverse
e spesso contrarie a quelle, degli altri, sono tuttavia d'accordo nell'ammettere
il Purgatorio ed il suffragio pei defunti; quindi uno stato di mezzo ove sono
trattenute le anime nell'altra vita prima di essere ricevute a partecipare della
suprema beatitudine.
M. Anche in ciò io sono pienamente d'accordo con voi.
Capo VII. Protestanti ammettono il Purgatorio.
M. Tuttavia io trovo un gran vacuo in questo consenso universale. I
Riformati {60 [96]} formano una parte considerevole dell'umana società. Ora
costoro sono tutti d'accordo nel rifiutare il dogma del Purgatorio come
invenzione della Chiesa cattolica. Quest' unanime consenso dei Riformati parmi
che abbia gran peso nei motivi di credibilità.
P. Voi, signor Ministro, avete già potuto essere pienamente convinto che
non la Chiesa cattolica, ma la divina rivelazione, ma una tradizione universale,
un consenso di tutti i popoli, sono i fonti su cui si appoggia la credenza del
Purgatorio.
Laonde
quando anche i Riformati fossero uniti a non ammettere il Purgatorio, questo
loro accordo tenderebbe a negare una verità rivelata nei libri santi,
riconosciuta dagli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi e di tutte le
religioni.
Ciò non
ostante posso dirvi, che questo unanime consenso dei Riformati non esiste. Voi,
signor Ministro, e credo sincera la vostra asserzione, mi avete già più volte
detto che non avete alcuna difficoltà di ammettere coi Cattolici il dogma del
Purgatorio. Dunque in ciò voi non siete d'accordo coi Riformati. {61
[97]}
M. Sarò quasi solo tra i riformati che presti qualche credenza al
Purgatorio, cosa che io debbo tenermi in cuore, perchè se la manifestassi sarei
qualificato apostata
P. Cioè sareste considerato come un uomo che si avvicina alla verità.
Consolatevi, però, che non siete solo, perciocchè i più dotti tra i protestanti
convengono coi Cattolici, intorno alla credenza del Purgatorio.
M. Voi, signor Teologo, mi avete già appagato in più cose, desidererei di
esserlo ancora in questa, cioè che vi sia il consenso dei protestanti intorno al
Purgatorio.
P. Se così vi aggrada, colla storia alla mano, vi farò chiaramente vedere
come in generale i protestanti più celebri nello studio e nella scienza, abbiano
convenuto coi cattolici intorno a questa verità.
Lutero,
patriarca e fondatore della riforma, quando si separò dalla Chiesa cattolica,
conservò la credenza del purgatorio, nè ebbe difficoltà di predicare queste
parole: «Io so che esiste il Purgatorio epperciò sono facile a persuadermi che
la santa Scrittura ne faccia menzione. Tuttociò che {62 [98]} io so intorno al
Purgatorio si è che le anime vi soffrono e che possono essere sollevate dalle
nostre preghiere e dalle nostre opere.» Lutero ciò diceva appoggiato, come noi
cattolici, sopra il Capo decimo secondo di s. Matteo dove si parla dei peccati
che Dio talvolta perdona nel secolo futuro. Disp. de Leips.
Calvino
collaboratore di Lutero nella Riforma, dapprima negò sfacciatamente il dogma del
Purgatorio; ma veduto il consenso universale della Chiesa cattolica fu costretto
a dire che il costume di pregare pei morti è antichissimo nella Chiesa e che i
più antichi padri avevano creduto al Purgatorio e alle preghiere pei defunti.
Calv. Istit., libro, 3.
Essendo
poi stata dimandata a Calvino la spiegazione di alcuni testi della Bibbia che
provano il dogma del Purgatorio, egli non sapendo come sbrigarsi rispondeva con
dire che non bisognava scrutare con troppa ansietà lo stato delle anime dopo
morte, perciocchè Iddio non ce lo ha voluto rivelare. Che perciò bisognava
contentarci di sapere che le anime dei fedeli sono in uno stato di riposo dove
attendono con gioia la gloria promessa, e che {63 [99]} tutto è sospeso cosi
fino all'arrivo di Gesù Cristo in qualità di Redentore, Ist. lib. 3, c.
25.
Ecco
uno stato di mezzo tra il Paradiso e l'Inferno che ha molta analogia col
Purgatorio. Cosi quel Capo Riformatore, mentre negava una verità, era dall'
evidenza costretto a professarla. Tale si è la credenza comune dei calvinisti
sul Purgatorio.
Gli
anglicani avevano da principio conservato le preghiere pei morti; ma più tardi
essendo nati gravi dissidii sopra di ciò; per mantenere la pace si lasciò che
ciascuno pensasse sopra tal materia secondo il privato suo giudizio; onde non è
raro il caso d'incontrare colà varii protestanti i quali, alla morte de' loro
congiunti od amici, come per naturale movimento del loro cuore, pregano per
essi.
Altrove
poi si dice: Noi sappiamo che gli antichi hanno parlato della preghiera pei
morti, e noi non lo vogliamo proibire. Apol. de la confer.
d'Ausbourg.
Leibnizio, che passa tra' più eruditi protestanti, parlando del Purgatorio si
esprime così: II sentimento più antico della Chiesa si è che bisogna pregare pei
morti, i {64 [100]} quali ricevono suffragio dalle nostre preghiere, e che
quelli che sono usciti da questa vita sebbene siano divenuti eredi del cielo,
per la remissione della pena eterna, e pel loro ritorno in grazia con Dio, ciò
non ostante hanno ancora da subire un castigo paterno pei loro peccati, ed
essere purificati, soprattutto se non hanno abbastanza cancellate queste macchie
durante la loro vita sopra la terra. Leibnits, sur la
religion.
Beausobre, altro dotto ministro protestante, dice esplicitamente. La preghiera
pei morti non fa disonore alla ragione; ciò è conforme alla
scrittura.
Altro
protestante, Pietro Marlin, professava pure che: È costume di tutti i tempi
il pregare pei defunti.
Io
potrei addurvi altre autorità di ministri e dottori protestanti antichi e
moderni che vanno pienamente d' accordo intorno all'esistenza del Purgatorio e
intorno alla preghiera pei defunti.
M. Tra noi si risponde facilmente a quanto voi dite: molti protestanti
ammettono il Purgatorio, molti non lo ammettono donde ne nasce il dubbio; perciò
è libero a ciascuno di credere come vuole. {65 [101]}
P. È questo un errore funestissimo. Quando il dubbio è fondato solamente
sulla naturale ragione si potrebbe talvolta concedere questa libertà di pensare
e di agire. Ma questo dubbio è chiaramente condannato dalla Bibbia, dalla
pratica dei tempi primitivi della Chiesa, dal consenso dei padri, dei concilii e
dalla tradizione dei popoli di tutti i tempi e da' medesimi protestanti. Che se
avvi qualche protestante di contrario parere, dovrebbe essere da se medesimo
convinto di errore e dire: se io nego il dogma del Purgatorio, mi oppongo ad una
credenza poggiata sulla Bibbia, professata dagli uomini dotti di tutti i tempi,
ammesso dai più dotti tra i medesimi riformatori.
Inoltre
questo protestante dubbioso dovrebbe leggere le medesime liturgie dei
riformatori, in cui sono registrale le preghiere colle quali si devono
accompagnare i morti alla sepoltura, e dovrebbe conchiudere così: tutti
convengono intorno all'esistenza del Purgatorio, la stessa nostra liturgia
stabilisce preghiere per i morti. Pei morti si fanno orazioni funebri sulle
tombe dei trapassati; nei medesimi nostri cimiteri ci sono iscrizioni, in cui
{66 [102]} si prega riposo eterno per le anime degli amici; cose che ognuno può
vedere nel Cenotafio dei riformati presso al Campo Santo di Torino; dunque
questo riformato deve conchiudere colle parole di un ministro protestante: io
vorrei che la mia religione richiamasse in vigore le preghiere pei morti,
giacchè quando sento a suonare il passaggio fùnebre di qualche mio amico, io non
posso astenermi dal pregare pel riposo dell'anima di lui. V. Tommaso Broun,
Religion d'un médecin.
Nè
vorrei, o signor Ministro, che vi pensaste tale dottrina dei riformati essere
variata a' nostri tempi. Nelle liturgie della chiesa anglicana, dove si
conservano e si praticano in gran parte le liturgie dei primi tempi della
riforma, vi si vede ancor praticata oggidì la preghiera pei
defunti.
L'arcivescovo di Cantorbery in una lettera pastorale in rendimento di grazie per
una vittoria riportata, raccomanda a Dio le anime di quelli che erano morti in
battaglia dicendo: «Ricevete, o Signore, noi ve ne supplichiamo, ricevete le
anime loro nella vostra misericordia». De Tévern. disc.
amicables.
Non è
gran tempo che un pastore d'Allemagna, {67 [103]} il signor Rebe, invitava i
suoi compatriotti a pregar per coloro che erano morti in guerra per liberare la
patria: sovvenitevi, loro diceva, sovvenitevi nelle vostre preghiere di coloro
cbe non ebbero tempo di prepararsi per la partenza da questo mondo.
Altro
moderno dottore protestante va ancora più avanti e vuole che in fine di ciascun
anno si facciano delle preghiere nelle quali i fedeli raccomandino a Dio le
anime dei loro parenti, e dei loro amici defunti. Tehisner, de sacris
ecclesiae nostrae etc.
Finalmente valga per tutti quanto dice la duchessa di Jork nella relazione che
fa di una conferenza tenuta con alcuni celebri dottori protestanti: Io ho
voluto, ella dice, conferire di queste materie coi due più dotti vescovi che noi
abbiamo in Inghilterra e mi hanno ingenuamente confessato, che ci sono molte
cose nella chiesa Romana, le quali avrebbero dovuto essere conservate nella
chiesa anglicana, come sarebbe la confessione dei peccati che non si sa come
provare che non sia stata comandata da Dio medesimo; tale pure è la preghiera
pei morti, che è una delle più antiche e delle {68 [104]} più autentiche
pratiche della religione, cristiana. Charvas, guide des Catéchumènes Vaudois,
du Purgatoire
Da
quanto ho esposto fin qui mi pare, signor ministro, che non si possa trovare
dogma nel cristianesimo che sia stato più universalmente creduto e praticato in
tutti i tempi e in tutti i luoghi, presso a tutte le nazioni quanto la credenza
del purgatorio e le preghiere pei defunti.
Che se
alcuni protestanti d'oggidì cercano di allontanarsi da questo consenso
universale, noi diciamo che essi con tale dottrina si oppongono alla Bibbia, a
tutta l'antichità, a' medesimi fondatori della riforma, alle stesse liturgie che
essi usano o dovrebbero usare nella celebrazione dei sacri misteri.-
Il
compagno che era tuttora rimasto a fianco del ministro non aveva mai parlato; fu
qualche momento che pareva voler chiedere la parola, ma non venne mai all'atto.
Qui domandò cortesemente di poter far egli pure alcune
osservazioni.
P. Di buon grado si concede a voi di parlare. Dite pure tutto quello che
vi parrà a proposito purchè sia analogo al nostro argomento. {69
[105]}
C. Vedete, signor Teologo, io non sono ancora ministro, ma studio
solamente per divenirlo, se la provvidenza mi vuole a questa dignità. Le mie
osservazioni sono analoghe alla presente questione. Ma poichè il trattenimento è
già alquanto prolungato, se così vi piace, ritorneremo un altro giorno e così
con minor disturbo degli uni e degli altri potremo esporre e dilucidare ogni
difficoltà.
P. Sia fatto come più vi aggrada. Vi attendo per quel tempo e per quell'
ora che tornerà di maggior comodità, dandovi piena facoltà di menare con voi
quegli amici che giudicherete.
L'ora
di fatti era assai avanzata. Il ragionamento aveva cominciato alle undici dal
mattino e finiva alle sei di sera; sicchè avevamo tutti bisogno di riposo e di
ristoro. {70 [106]}
Conferenza seconda. Difficoltà contro al Purgatorio
Capo I. Nella Bibbia esiste la parola Purgatorio. La credenza di questo dogma non è cortraria alla sana ragione.
Io era
ansioso che i miei oppositori ritornassero, per sentire le difficoltà che
sarebbonsi ancora potute fare da' più dotti protestanti contro al dogma del
purgatorio. D'altra parte temeva assai che non ritornassero più, perchè mi
sembrava che la causa fosse finita, e poco o niente avessero potuto avere da
apporre. Mi era già altra volta accaduto simile giuoco, cioè di cominciar
discussioni di tal genere, e troncarle per metà sotto allo specioso pretesto di
ripigliarle altra volta, senzachè niuno si lasciasse vedere: temeva lo stesso
nel caso presente.
Diffatti erano già trascorsi due mesi {71 [107]} dalla prima conferenza e non
aveva ancora veduto alcuno.
Allorchè un giorno, alle due ore dopo mezzodì, giungono tutti e tre i miei
conferendisti. Scambiate alcune parole di convenienza, il compagno del ministro,
quello stesso che aveva chiesto di poter proporre alcune difficoltà, posso, egli
comincia a dire, posso entrare nell' argomento interrotto l'altra volta quando
siamo qua venuti?
P. Lo potete liberamente.
C. Parlavamo del Purgatorio e voi ci avete addotto molte ragioni e molte
autorità ricavate dalla Bibbia, dai padri, e dalle liturgie, sopra cui io avrei
molte cose da osservare: comincio dalla Bibbia.
P. Dite pure, noi ascolteremo le vostre osservazioni.
C. Ho fatto seria attenzione a quanto fu dello sopra il Purgatorio, ma
quegli argomenti mi parvero fuori di questione. Si trattava di provare
l'esistenza del Purgatorio dalla Bibbia. Furono addotti molti testi che non
danno minimo cenno del Purgatorio.
P. Non posso ben comprendere la vostra difficoltà. Volete forse dire che
la {72[108} parola Purgatorio non è contenuta nella Bibbia?
C. Appunto così Se non si contiene la parola, tanto meno si contiene il
senso che la parola esprime.
P. La vostra difficoltà è tutta apparente. Qui non si parla del nome ma
si parla di una verità. Per esprimere questa verità servitevi pure di qualsiasi
parola, poco importa, purchè tale verità sia ammessa. Vi dissi fin da principio
che la Chiesa cattolica crede come verità di fede uno stato in cui sono
trattenute le anime che muoiono in grazia di Dio e che hanno qualche cosa a
scontare colla divina giustizia. Questo stato voi chiamatelo luogo di
purgazione, luogo intermedio, purgatorio o con qualsiasi altra espressione, se
ammettete la verità, cessano le questioni sopra il nome.
C. È vero che posto il fatto non si dovrebbe più badare alle parole, ma è
sempre vero che i cattolici credono una cosa non contenuta nella Bibbia, o
almeno pretendono di credere una verità che si esprime con parole non contenute
nella Bibbia.
P. I cattolici credono ad uno stato di purgazione nell' altra vita. Che
se per {73 [109]} esprimere questo stato si servono di parole non contenute
nella Bibbia, nulladimeno queste parole esprimono una verità ivi contenuta.
Volete voi forse dire che tutte le verità contenute nella Bibbia devono essere
espresse con parole letteralmente contenute nella Bibbia?
C. Dovrebbe essere certamente cosi. Altrimenti quello che si dice non è
più fondato sopra la parola di Dio ma sulla parola degli uomini.
P. Voi mi dite una cosa che non mi potete sostenere. Rispondetemi
adunque: Credete voi che il Battesimo sia un sacramento?
C. Lo credo senza difficoltà.
P. Nella Bibbia ci sono le parole che il battesimo sia un
sacramento?
C. Non ci sono le precise parole: Il Battesimo è un sacramento, ma
ci sono espressioni abbastanza chiare che vengono a significare il Battesimo
essere un sacramento.
P. Dunque voi ammettete parole non contenute nella Bibbia, ma che servono
ad esprimere una verità in essa contenuta. Ditemi: credete voi al mistero della
Santissima Trinità? {74 [110]}
C. Non ci ho dubbio, ma queste cose....
P. Abbiate pazienza, farete di poi le vostre osservazioni. Rispondetemi a
quest'altra dimanda: Credete voi al simbolo degli Apostoli? credete voi che la
Domenica sia un giorno da consacrarsi al Signore?
C. Queste cose le credo: Specialmente la Domenica che è giorno del
Signore e che è si male santificata.
P. Compiango con voi la profanazione dei giorni festivi; ma per quello
che è al nostro proposito ditemi: il simbolo degli Apostoli, l'osservanza della
Domenica sono nella Bibbia comandate?
C. Non sono cose contenute letteralmente, ma in quanto al senso, perchè,
come dice l'Apostolo, se stiamo al senso letterale della Bibbia si ha la morte,
il senso spirituale dà la vita.
P. Dunque voi ammettete che il Battesimo è un sacramento, ammettete la
Trinità delle Persone, il simbolo degli Apostoli, la santificazione della
Domenica, parole non contenute nella Bibbia.
C. Non contenute nella Bibbia, ma che servono a spiegare le verità in
essa contenute. {75 [111]}
P. Ora se voi ammettete le parole che servono ad esprimere una verità
contenuta nella Bibbia, perche non volete parimenti ammettere la parola
Purgatorio che serve ad esprimere una verità che, siccome voi convenite, è
chiaramente nella Bibbia contenuta?
C. Avete ragione, sì avete ragione. Nè mi fermerei a farvi alcuna
osservazione, se non ci fosse diversità nella materia che si vuole significare
colle parole mentovate.
P. Siate compiacente di spiegarvi più chiaramente.
C. Le parole Battesimo, Simbolo, Trinità, Domenica, sono usate a spiegare
cose certe, chiare, consentanee alla ragione; al contrario nella parola
Purgatorio io ci trovo molte cose contrarie al buon senno ed alla stessa ragione
naturale.
P. Quali sarebbero le cose che a voi sembrano contrarie al buon senno ed
alla sana ragione?
C. Mi pare che sia contro alla sana ragione che un peccato sia perdonato
solo per metà, come sarebbe in questo caso. Perciocchè se l'uomo ottiene da Dio
il {76 [112]} perdono de' suoi peccati, deve entrare in grazia: le opere di Dio
non devono essere imperfette. Inoltre voi, cattolici, nella confessione dite che
si ottiene il perdono dei peccati; ma questo perdono tornerebbe di poca utilità,
se il Sacerdote rimettesse soltanto in parte la colpa. Dimodochè e secondo la
dottrina dei riformati, e secondo la dottrina dei cattolici la credenza del
purgatorio sembra essere contraria alla sana ragione.
P. Avete fatto bene a spiegarvi così: perciocchè mi mettete in grado di
spianarvi ogni difficoltà e di rispondervi parola per parola. Debbo solamente
premettere, che qualora una verità è contenuta nella Bibbia, quando anche non
potesse essere dalla ragione umana compresa, ed anche sembrasse alla ragione
contraria, tuttavia si deve credere; e in questo caso la debolezza dell'uomo
deve cedere alla divina autorità, non è vero?
C. Fin qui andiamo d'accordo.
P. Ma voi avete detto che il Purgatorio, ovvero uno stato intermedio tra
il Paradiso e l'Inferno è una verità appoggiata sulla Bibbia:
Dunque?
C. Qui sta la mia difficoltà, mi pare {77 [113]} che la verità si
contenga nella Bibbia, ma non posso risolvermi ad ammetterla, perchè la trovo
contraria alla ragione.
P. Posta la certezza della rivelazione dovrebbe cessare l'umana ragione;
tuttavia voi vedrete che il Purgatorio non è contrario alla ragione. Mi farò
strada a spiegarmi con un esempio: vi sono due cristiani, uno dopo aver menato
una vita virtuosa, un giorno per fragilità proferisce una bugia che non fa danno
ad alcuno; l'altro per odio e vendetta uccide sua padre. Immediatamente dopo il
fatto l'uno cade infermo e muore; l'altro vien colto dalla giustizia e condotto
al patibolo; ma prima della morte si pentono ambidue e ne ottengono da Dio il
perdono. Quale direte voi che possa essere il loro stato nell'altra
vita?
C. Certamente stato di salute.
P. Ambidue cogli angeli in Cielo?
C. Uno sì: ma quel birbante che supponiamo aver ucciso suo padre, non se
lo merita.
P. Dovremo mandarlo all'inferno?
C. No, perchè supponiamo che siasi pentito
P. Dove adunque volete metterlo? Mandarlo {78 [114]} al Paradiso, non se
lo merita, all'inferno non vogliamo mandarlo, perchè si è pentito del suo fallo,
che farne adunque?
C. A dirvela schietta, io non saprei che rispondere.
P. Vi pare cosa irragionevole, se Dio facesse fare un po' di penitenza a
quel parricida, e poi lo ammettesse alla gloria del Paradiso?
C. In questo caso mi pare cosa ragionevole.
P. Andiamo d' accordo. Quella penitenza che farebbe quel parricida
suppone uno spazio di tempo, suppone un luogo di dimora ed ecco lo stato
intermedio, ecco il Purgatorio, dove, secondo il Vangelo, nel futuro secolo,
cioè nell' altra vita, si scontano i debiti verso la divina giustizia, fino al
fallo più leggero, fosse anche un solo sguardo, usque ad ultimum quadrantem,
usque ad ictum oculi.
Ammirate quanto sia ragionevole la dottrina della Chiesa cattolica. Questa
maestra di verità appoggiata alla parola di Dio, chiama beati quei che muoiono
nel Signore, cioè chiama salvi quelli che muoiono dopo aver ottenuto da Dio il
{79 [115]} perdono. Di poi considerando che in Cielo nihil coinquinatum
ingreditur, non ci entra cosa che abbia neo di macchia, propone come verità
di fede esservi un luogo di purgazione, dove coloro i quali muoiono con qualche
debito verso la sua divina giustizia, possono soddisfarlo o coi patimenti che
soffrono o coi suffragi dei vivi.
Questa
dottrina della Chiesa cattolica è riconosciuta dagli stessi ministri protestanti
di maggior considerazione.
Voi
avrete letto gli scritti del signor Vix, specialmente l'opera intitolata:
Considerazioni sulla necessità di tenere un concilio tra la chiesa romana e
la chiesa anglicana. Egli fra le altre cose viene a dire quanto segue: L'uso
di pregare pei defunti rimonta fino ai tempi apostolici, e si è conservato nella
Chiesa fino al secolo decimo sesto; questo costume a noi pare conformissimo ai
fini che la religione si propone. Questa pratica conserva nel cuore la
convinzione e il sentimento dell'immortalita dell'anima; toglie il velo che si
stende sopra la tomba e stabilisce delle relazioni fra questo mondo e
l'altro.
Il sig.
Muller, altro dotto ministro e {80 [116]} scrittore calvinista, conferma
ampiamente le stesse cose. Qual cosa, egli dice, qual cosa avvi di più
commovente che la festa della Commemorazione dei defunti nei paesi cattolici? Si
vede veramente la natura e il sentimento della carita cristiana che si accordano
per riconoscerne la santità. I teologi protestanti che fanno guerra a questa
dottrina hanno un bel fare e un bel dire, ed anche togliere dai loro catechismi
la Commemorazione dei defunti, essi non giungeranno mai a cancellare dal cuor
dell'uomo un sentimento che la natura vi ha impresso da tutti i tempi e in tutti
i luoghi. I protestanti saranno eglino stessi sempre cattolici sulla tomba dei
loro parenti e dei loro amici. Tale proibizione di suffragare i fedeli defunti è
cagione ai popoli cattolici di allontanarsi dal nostro culto. Ciascun giorno i
predicatori protestanti, che non ammettono questa relazione tra quelli che ci
hanno preceduto nella tomba, e quelli che sono ancora sopra la terra, lasciano
sfuggire quasi a loro insaputa nei punti più patetici dei loro discorsi, dei
sentimenti che suppongono tale relazione, perchè l'istinto della coscienza è più
forte delle {81 [117]} sottigliezze di un'arida teologia. Muller, des beaux
arts. Paris 1841.
Capo II. Dove sia il Purgatorio. - Che cosa ivi si soffra. - La liturgia cattolica.
C. Dietro alle vostre osservazioni abbandono l'idea che il Purgatorio sia
contrario alla retta ragione; tuttavia ho ancora alcune cose da osservare, che
mi paiono indebolire assai tale credenza. Dov'è questo Purgatorio? Che cosa ivi
si soffre? Domando queste due cose, perchè ho letto su tale materia molte
stravaganze in libri cattolici.
P. Queste vostre dimande non inchiudono alcuna difficoltà. La Chiesa
cattolica non è mai entrata a definire dove sia il Purgatorio, neppure qual
genere di pena ivi si soffra. La Chiesa si limitò sempre al dogma fondamentale
dicendo: Vi è un luogo ovvero uno stato in cui sono trattenute le anime di
coloro che sono morti con qualche debito da soddisfare alla divina giustizia.
{82 [118]}
C. Ma credere un luogo che non si sa dove sia…
P. Purchè si abbia la certezza di questo luogo. Per es. io non sono mai
andato a Roma, e da me solo non ci saprei andare. Dovrei perciò negare
l'esistenza di Roma? Mai no, direte voi, sarebbe opporsi al sentimento
universale di tutti i libri che ne parlano, di tanti viaggiatori che vi sono
andati. Dite lo stesso del Purgatorio. Inoltre credete voi all'Inferno ed al
Paradiso?
C. Chi mai oserebbe negare tali verità?
P. Sapreste voi dirmi il luogo dell'uno e dell'altro?
C. Eh no, caro mio, perchè chi ci va, ci sta per sempre.
P. Se crediamo al Paradiso ed all'Inferno, solo perchè Dio ce li ha
rivelati, senza sapere ove si trovino; perchè faremo difficoltà di ammettere
anche la credenza del Purgatorio? Questa è cosa propria delle verità
soprannaturali: crederle perchè Dio le ha rivelate e, attendere dopo la presente
vita per conoscerne il luogo e il modo con cui esistono.
C. Ma perchè dunque dai Cattolici si predica che il Purgatorio è una
fornace, {83 [119]} una caverna, un pozzo, una voragine ove si soffre fuoco, mal
di denti e simili?...
P. Ripeto qui di passaggio che la Chiesa cattolica non ha mai definito
alcuna cosa su tal proposito; anzi proibisce costantemente che si predichi
qualche cosa la quale abbia apparenza di falso. I predicatori poi si servono
delle similitudini della fornace, del pozzo, della voragine ove si soffre fuoco,
malattie e simili; per esprimere i tormenti che soffrono quelle anime. Così
hanno fatto i santi padri e così fanno tuttora i predicatori cattolici,
appoggiati sopra testi della Bibbia che si possono applicare al
Purgatorio.
C. Come! non è di fede presso ai Cattolici che le anime del Purgatorio
soffrono la pena del fuoco, mentre l' ho io stesso tante volte udito a
predicare?
P. Io credo che soffrano la pena del fuoco, perchè tale sembrami il
sentimento di S. Paolo (1. Cor. cap. 3) ove dice, che ogni nostra opera dovrà
essere provata col fuoco: tal è pure in generale il sentimento dei santi Padri e
dei teologi cattolici; ma non è definita dalla Chiesa come verità di fede. {84
[120}
Diffatti il catechismo di nostra Diocesi, con cui vanno d'accordo tutti gli
altri catechismi alla dimanda: Che cosa patiscono le anime nel
Purgatorio?
Risponde: Le anime del purgatorio patiscono la dilazione della vista di Dio e
quelle pene che Dio fa loro soffrire, fintantochè o coi patimenti che soffrono o
coi suffragi dei vivi abbiano interamente pagati i debiti contratti colla Divina
Giustizia.
C. Trovo ragionevole quanto mi dite. Ma se non è verità di fede, che il
Purgatorio sia una fornace di fuoco, un abisso oscuro e simili, perchè la
liturgia cattolica lo chiama tartaro, luogo oscuro, bocca del leone, morte
eterna; che cosa vogliono significare queste parole?
P. Le parole tartaro, inferno, bocca del leone, luogo oscuro
significano un luogo inferiore dove sono trattenuti tanto i reprobi, quanto le
anime dei giusti che scontano le loro colpe. Se voi consultate i santi padri, i
buoni dizionarii, gli scrittori sacri e profani, le parole suddette vengono a
significare luogo sotterraneo, luogo oscuro, luogo di tormenti e di
privazione. In ciò i protestanti vanno d'accordo {85 [121]} coi cattolici
recitando il simbolo degli Apostoli che Gesù discese all'inferno, descendit
ad inferos, per significare il limbo ovvero un luogo
sotterraneo.
Quando
poi la Chiesa cattolica invoca Iddio a favore di quelle anime, ne cadant in
obscurum, ne absorbeat eas tartarus et liberentur de ore leonis, intende di
supplicare la divina misericordia che si degni di liberarle dal carcere
tenebroso del purgatorio e riceverle fra gli splendori immortali della gloria
celeste.
C. Quanto mi dite può andar bene fino ad un certo punto; ma quel dire:
liberate, o Signore, quelle anime dalla morte eterna. Mi pare che i
cattolici pretendano cavar le anime fuori dall' Inferno, cose che niuno
certamente vorrebbe ammettere, e che perciò dimostrano quanto mai sia assurda la
liturgia cattolica nelle preghiere pei defunti.
P. Questa difficoltà, che a voi pare cotanto grave, scomparisce affatto
se noi ricorriamo alla storia. Osservo, che non vi è alcuna parte
dell'uffiziatura pei morti, dove si dice: «Liberate, o Signore quelle anime
dalla morte eterna». Nelle esequie che si fanno pei morti si suole cantare il
{86 [122]} seguente responsorio dell'ufficio: «Libera me, Domine, de morte
aeterna, ecc., liberatemi, o Signore, dalla morte eterna in quel giorno
terribile del vostro giudizio». Ma con questa preghiera non si prega pei morti;
ma sono bensì i vivi, che in considerazione della morte, e del giudizio che
tutti li aspetta, pregano per se stessi.
Osservo
inoltre che anticamente tali offertori od antifone proferivansi durante l'agonia
dell' infermo quando egli era ormai per rendere l' ultimo respiro. In quel
momento estremo si raccoglievano i fedeli ed invocavano la misericordia divina
sopra l'agonizzante affinchè fosse liberato dalla morte eterna
dell'Inferno.
Essendo
poi variato il costume di celebrar messe nell'atto dell'agonia, si conservarono
ancora le medesime parole della messa. Epperciò quando si dice: Fate, o Signore,
che quelle anime passino dalla morte alla vita eterna: fac eas transire de
morte ad vitam, e quelle altre: O Signore, liberate quelle anime dalla morte
eterna, si devono considerare come preghiere fatte a Dio in quell'estremo di
vita, {87 [123]} e che si ripetono nelle messe pei defunti: come appunto sono le
parole osate dalla Chiesa nell'Avvento quando si canta: veni. Domine, ad
redimendum nos, o Signore, veniteci a salvare. La Chiesà-pregando così
invita i fedeli a portarsi collo spirito al tempo in cui il profeta proferiva
tali parole. Quegli invocava la misericordia di Dio che abbreviasse il tempo che
doveva venire il divin Salvatore; noi lo invochiamo affinchè si degni di
applicare alle anime nostre il merito della Redenzione.
C. Intese le cose in questo senso svaniscono le mie difficoltà.
Imperciocchè posto che le parole tartaro, ecc., vogliano significare
anche Purgatorio; e che queste preghiere si debbano considerare come proferite
nell'atto dell'agonia, il senso ne resta chiarito.
Capo III. La solennità pei fedeli defunti.
Quivi
il compagno del ministro fece una lunga serie di difficoltà riguardanti
piuttosto all'autorità delle liturgie, che al Purgatorio od al suffragio dei
defunti. {88 [124]}
Della
quale discussione si darà un sunto in fine di questo fascicolo in forma di
appendice. Quando poi si vide appianate le difficoltà fatte intorno alle
liturgie prese a parlare così:
C. Vi confesso, signor Teologo, che questo discorso sulle liturgie sarà
utile a me ed ai miei compagni. Sono contento: mi avete fatto toccare con mano
molte verità che in parte io ignorava, in parte mi erano state confusamente
spiegate. Ora mi rimane ancora la grande difficoltà da cui non so come voi ve la
potrete sbrigare. La Bibbia, i santi padri, i concilii, le liturgie, secondo
voi, proclamano l' esistenza del Purgatorio e le preghiere pei defunti, e
intanto la stessa Chiesa cattolica passò dieci secoli senza parlare di
Purgatorio, senza parlare di suffragi pei defunti. Perciocchè prima di s.
Odilone non si parlò mai di suffragi pei defunti; mai di solennità o di
commemorazione o di uffizi dei morti. Parmi che questo fatto provi chiaramente
l'idea del purgatorio essere stata sino a quei tempi ignorata. Notate bene che
qui non intendo di entrare nel merito di quanto si dice di s. Odilone; che ci
sarebbe molto a dire; {89 [125]} io intendo solo di toccare la difficoltà in
tanti luoghi e in tanti libri ripetuta, che l'invenzione del Purgatorio si debba
ripetere da s. Odilone.
P. Difficoltà tutta apparente che si risolve colla medesima storia.
Parlando di uffizio, solennità, commemorazione dei defunti, voglionsi
distinguere due cose. Le preghiere, gli uffizi, le pratiche di pietà fatte in
suffragio dei defunti, e le solennità stabilite nella Chiesa per invitare tutti
i fedeli cristiani, ad unirsi insieme in tempi determinati per porgere a Dio
preghiere a favore delle anime purganti.
Perciò
se noi parliamo di messe, uffizi, preghiere, anniversarii, queste rimontano fino
ai primi tempi della Chiesa. Oltre a quanto abbiamo già detto altrove riportiamo
ancora l'autorità di Tertulliano, il quale nel. libro de monogamia conferma
quello che aveva ordinato S. Clemente Papa I. Dipoi dice così: facciansi
sacrifizi nel giorno che avvenne la morte di colui, per cui s'intende
pregare. Lo stesso dice s. Cirillo Alessandrino, s. Cipriano ed altri. S.
Giovanni Grisostomo predicava così al popolo di Antiochia: Non invano gli
Apostoli stabilirono che {90 [126]} quando celebransi i tremendi misteri, si
facesse commemorazione di coloro che sono già passati all'altra vita. Perciocchè
sapevano essi, gli Apostoli, che ciò tornava a grande vantaggio e sollievo pei
defunti. Hom. in Ep. ad Philip.
S.
Agostino nel libro intitolato della sollecitudine che si deve avere pei
morti (cap. 1) fra le altre cose dice: Nel libro de' Maccabei si dice essere
stato offerto sacrifìcio pei morti; ma sebbene ciò non fosse registrato nelle
antiche scritture, per noi basterebbe l' autorità della Chiesa universale che ce
ne assicura quando il Sacerdote trovasi all'aliare ed offre il sacrifizio a Dio
e fa la commemorazione pei morti. Se desiderate alcuni fatti, andiamo soltanto a
leggere quanto il medesimo s. Agostino scrive in occasione della morte di sua
madre S. Monica. Conf. lib. 9, cap. 12. Sua madre era moria in Ostia, ed
egli dopo aver innalzato a Dio molte preghiere e versato intorno al letto di lei
molte lagrime, così continua: Trattenuto il pianto prese Evodio il salterio e
intonò il salmo 100 che comincia con queste parole: Signore e Dio mio,col canto
io ringrazierò la vostra misericordia. {91 [127]} Noi rispondevamo dall'altra
parte. Al suono delle nostre voci concorsero molti altri pii fedeli, uomini e
donne, che si unirono con noi a pregare. Quindi alla presenza del suo corpo
vicino al sepolcro fu celebrato il sacrifizio di nostra Redenzione (la santa
Messa) prima che fosse deposto nella tomba.
C. Ma
il giorno dei morti che si fa al due di novembre?
P. Voleva ancora addurvi molte altre autorità in confermazione dell' uso
antichissimo di fare preghiere e sacrifizi in pubblico ed in privato pei fedeli
defunti. Supponendo che vi basti quanto ho detto, passo ad appagare la vostra
dimanda, ove non trattasi più de' suffragi pei defunti, che furono fatti in ogni
tempo nella Chiesa, ma trattasi della solennità stabilita dalla chiesa, per
eccitar tutti i fedeli cristiani a ricordarsi di tutti quelli che ci
precedettero nella tomba. Ritenete adunque queste due cose: 1° Che dai tempi
degli Apostoli fino al secolo decimo fu in tutti i tempi ed in tutti i luoghi
costantemente professata la credenza del Purgatorio, e dei suffragi pei defunti:
2° Si cantavano salmi ed inni, si facevano {92 [128]} anniversari con uffizi,
messe, preghiere proprie, anzi in più luoghi celebravansi ben anche solennità in
suffragio dei morti.
C. Che cosa adunque fece quel santo Odilone?
P. Adesso vi dirò quello che fece sant' Odilone. Era esso abate di Clugny
città della Francia, e superiore di molti monasteri. Dio fece conoscere a quel
suo servo le gravi pene che soffrono le anime del Purgatorio, epperciò egli
desideroso, quanto era in lui, di portar soccorso a quelle anime, nell'anno 998
ordinò a tutti i suoi monaci di consacrare ogni anno il secondo giorno di
novembre a sollievo delle anime purganti, e si adoperò in ogni maniera possibile
per sollevarle.Ecco quello che a tal proposito scrive s. Pier
Damiano.
Il
venerabile Padre Odilone fece un decreto generale da diramarsi in tutti i suoi
conventi, col quale ordinava che siccome nel primo giorno di novembre per
costume della Chiesa universale si celebra la solennità di tutti i Santi, così
nel giorno seguente (2 novembre) con inni, salmi, limosine e specialmente con
celebrazione di messe {93 [129]} si celebrasse la
memoria di tutti quelli che sono morti nella grazia di N. Signor Gesù
Cristo. Nel fatto di s. Odilone parve manifestarsi la volontà del Signore, e
molti vescovi adottarono nelle loro diocesi il pio costume della commemorazione
dei fedeli defunti, finchè i sommi pontefici la estesero a tutta la cristianità
sotto al nome di giorno dei morti, ovvero commemorazione di tutti i fedeli
defunti.
Come
voi ben vedete, s. Odilone non è altro che uno dei primi che cominciarono a
solennizzare il giorno dei morti. Ma prima di lui in tutti i tempi della Chiesa
vi erano messe, uffizi, si recitavano salmi, si facevano digiuni e molte altre
opere di carità in suffragio dei fedeli defunti.
C. Bene benone, io non ho' più nulla a ripetere nè sull’ esistenza del
Purgatorio, nè sopra i suffragi dei defunti, e vi assicuro, signor Teologo, che
su questo punto non ho alcuna difficoltà di credere quanto credono i cattolici
intorno al Purgatorio. {94 [130]}
Capo IV. Invito a suffragare i defunti.
La
credenza universale intorno all' esistenza del Purgatorio, la sollecitudine che
gli stessi Gentili e Pagani ebbero di suffragare i trapassati, la certezza di
questi suffragi devono animar ogni fedel cristiano di adoperarsi a sollevare
quelle anime secondo le forze del proprio stato.
Iddio nella Sacra
Scrittura ci avvisa essere cosa santa e salutevole il pregare pei fedeli defunti
a fine di suffragarli e che così sciolti dalle pene che patiscono pei loro
peccati possano giungere a quella eterna felicità che loro sta preparata. Iddio
riguarda le anime purganti come sue amiche e sue spose destinate a goderlo e
lodarlo in cielo, e come tali le ama con amore infinito. Ma poichè in quel regno
di beatitudine non vi può entrare alcuno che abbia in sè la più piccola macchia;
egli è perciò che quelle anime si rivolgono a noi con gemiti e sospiri, affinchè
con preghiere, limosine, digiuni ed altre opere di carita, ci affrettiamo di
portar {95 [131]} loro soccorso. Il suffragare i defunti non è solo il far del
bene a quelle anime, anticipando loro il Paradiso, ma è eziandio fare un bene a
noi medesimi, poichè colla carità che loro usiamo nel suffragarle acquistiamo
merito presso Dio e ci rendiamo benevole quelle anime le quali giunte in cielo
certamente porgeranno a Dio calde preghiere per noi e ci assisteranno colla loro
valida protezione in tutti i nostri bisogni spirituali e temporali.
Se i
gravi tormenti che quelle anime soffrono in purgatorio ci devono muovere a recar
loro soccorso, dobbiamo tanto più esserne solleciti, perchè molte di esse sono a
noi congiunte per amicizia o parentela, come sono i genitori, fratelli, sorelle
ed altri: verso ad altri siamo obbligati pei benefizi da loro ricevuti, e forse
alcuni si trovano a patire quelle pene per averci troppo amati, o per essersi
data troppa sollecitudine a procurarci quelle medesime sostanze, che noi ora
godiamo. Quelle anime, a cui per tanti titoli siamo obbligati, sono quelle
stesse che dal mezzo dei tormenti alzano la voce, e colle parole del santo
Giobbe c'invitano a suffragarle gridando: miseremini {96 [132]} mei, saltem vos amici
mei; quia manus Domini tetigit me. Oh almeno voi che mi
siete obbligati o per amicizia o per parentela, movetevi a pietà di me e
soccorretemi; perchè là potente e giusta mano del Signore mi
percuote.
Intanto, o cristiano lettore, mentre siamo invitati a soccorrere, per quanto sta
in noi, quelle anime penanti, studiamoci di ravvivare la fede sopra lo stato in
cui ci troveremo noi medesimi. Io che scrivo, tu che leggi, meditiamo queste
grandi verità:
1° Il
peccato deve pur essere un male assai più grave di quello che la maggior parte
degli uomini si figura, giacchè una colpa anche leggiera, di cui sia reo un
giusto allorchè muore, merita una punizione sì terribile dopo
morte.
2° Che
deve essere incomprensibile la santità e la purità di Dio, giacchè è impossibile
di potersi avvicinare a lui col minimo neo di macchia;
3°
Essendoci dato il tempo della vita presente per purificarci e renderci degni di
possedere Iddio, importa grandemente di tener conto di tutti i momenti, per
timore che ci venga a mancare in avvenire {97 [133]}
se trascuriamo ora di farne buon uso;
4° Non
sapendo quanto tempo piacerà a Dio di concederci per attendere a questo
importantissimo affare della eterna salute, dobbiamo occuparcene seriamente
subito e senza dilazione di sorta.
5°
L'ultimo momento di nostra vita, che non sappiamo quando sarà, deciderà della
nostra sorte per tutta l'eternità, e ognuno di noi sarà allora giudicato secondo
le sue azioni, e sullo stato di sua coscienza. Non dimentichiamo mai il
terribile pensiero, che l' eternita beata sarà una grande ricompensa di coloro
che si mantennero fedeli a Dio fino alla morte; e la eternita infelice sarà la
punizione di quelli sgraziati che la morte ha colpito in peccato mortale, e
perciò in disgrazia di Dio;
6°
Ricordiamoci che si renderà conto a Dio di ogni minimo attacco alle creature ed
a noi medesimi; ogni parola oziosa, ogni pensiero, ogni sguardo inutile, ogni
azione viziosa, tutto quello che non sarà puro passerà pel fuoco, e non ne
uscirà, come dice il Vangelo, fintantochè non sia perfettamente purgato. Perciò
è miglior partito {98 [134]} per noi
di soddisfare a Dio in questa vita pei peccati commessi. Quivi le pene sono di
gran lunga più leggere di quelle gravissime del Purgatorio, ed inoltre sono più
meritorie presso a Dio perchè volontarie.
7° Per
legittima conclusione dobbiamo guardarci da ogni peccato benchè leggero e
veniale, ed impiegare la nostra vita in opere di penitenza per le colpe commesse
per evitare le pene del Purgatorio; e fra le altre cose soffrire con pazienza le
avversita della vita, malattie, dispiaceri, vicende delle stagioni, e qualsiasi
altra miseria umana, tutto soffrire come mezzo efficace per iscontare in questo
mondo i debiti che abbiamo colla divina giustizia sia per le colpe veniali, sia
pei peccati mortali, dei quali, benchè ci siamo pentiti e già confessati, forse
non ne abbiamo ancor falla conveniente penitenza. Se noi, o cristiano, faremo
attento riflesso sopra questi ricordi, e faremo quanto in essi è consigliato,
noi possiamo fin d'ora avere fondata speranza di evitare le pene eterne dell'
inferno, evitare forse anche quelle del Purgatorio, e sul termine della presente
vita volare a godere {99 [135]} la
gloria del cielo in eterno. Cosi sia.
Appendice. Sulle Liturgie. Autorità ed antichità delle liturgie.
Il
compagno del ministro nel discorrere delle liturgie, della col autorità ci
eravamo serviti per dimostrare la credenza universale del Purgatorio, disse più
cose riguardanti all' autorità delle medesime che sembrano alquanto estranee al
nostro argomento; perciò si pongono qui in forma di appendice affinchè il
lettore cattolico possa essere informato di quanto i protestanti meglio
apparecchiati possano opporre contro alle liturgie, in quanto che sono argomento
dell'esistenza del Purgatorio. Egli adunque prese a parlare così:
C. Che cosa sono queste liturgie che, voi, signor Teologo, andate tanto
decantando? Forse G. C. ha parlato di liturgie? Forse in tutta la Bibbia avvi
traccia di ciò? Queste sono novità intollerabili, ed introdotte nel
caltolicismo, che {100 [136]} noi,
grazie a Dio, non abbiamo voluto approvare.
P. Voi, amico, mi fate una difficoltà che mi chiama a ripigliare la cosa
un poco più indietro. Voi mi dimandate che cosa sono le liturgie? ed io vi
rispondo che le liturgie sono libri che contengono riti, cerimonie, il modo di
prestare il culto a Dio dovuto. Nè ciò vi deve fare maraviglia
perciocchè...
C. La maraviglia non istà nel sapere che cosa sono le liturgie, ma nel
sapere che i cattolici usano liturgie di cui nulla si dice nella
Bibbia.
P. Ascoltate con pazienza, e vedrete. La prima lezione che Dio diede
all'uomo nella storia medesima della creazione fu una liturgia: egli benedisse
il settimo giorno, e lo santificò. Egli pertanto destinando questo giorno al suo
culto non volle lasciar ignorare ai nostri primi parenti il modo di onorarlo.
Questi riti, queste cerimonie, con cui si deve prestare culto a Dio furono usati
da Caino e da Abele allorchè gli fecero sacrifizio; furono usati da Noè, che
appena uscito dall'arca innalzò un altare, e fece a Dio un sacrifizio per
ringraziarlo dei favori ricevuti. {101 [137]}
D'altronde leggete il libro del Levitico, del Deuteronomio, e voi vedrete, che
essi sono ripieni di leggi cerimoniali; che formano veramente la liturgia degli
Ebrei.
C. Queste cose le so, ma tutte le cerimonie della legge antica furono
abolite; perciò non devono più servire di modello alle liturgie
cristiane.
P. Si può dire che tutte le cerimonie della legge antica furono abolite.
Ma Gesù Cristo ne istituì delle altre in quelle figurate, come sono i
sacramenti, e diede alla sua Chiesa ampia facoltà e stretto ordine di instituire
tutti que' riti e quelle preghiere, che essa secondo le circostanze dei tempi,
de' luoghi, delle persone fosse per credere necessarie od utili sia per
amministrare degnamente i santi sacramenti, sia per ravvivare la fede ed
accrescere la pietà. E siccome la fede che la Chiesa professa nella sostanza è
la stessa che era professata nell'antico testamento; così non è da stupire se
tra le varie costumanze religiose che la Chiesa ha istituito, ne stabilì alcune
conformi a quelle che erano state prescritte da Mosè; come sono gli altari, i
candelabri, i turiboli, le vesti sacerdotali e simili. {102
[138]}
Così s.
Paolo dopo di aver assicurato i fedeli di Corinto, che quanto aveva loro scritto
intorno all'Eucaristia lo aveva ricevuto dal Signore, soggiunge, che quanto alle
varie cose da osservarsi nella consacrazione e amministrazione di un sacramento
sì grande, egli stesso in persona avrebbe loro dato le norme a seguirsi quando
sarebbe venuto. «Caetera autem cum venero
disponam.»
Questa
consacrazione e quest'amministrazione dell'Eucaristia è quello che propriamente
si chiama liturgia. Che se desideriamo una liturgia pomposa, una solennità
magnifica l'abbiamo descritta nell'Apocalissi di s. Giovanni.
Riferisce egli adunque una visione, avuta in giorno di Domenica, giorno in cui i
fedeli si radunavano per celebrare i Santi Misteri. L' Apostolo descrive una
radunanza, cui presiede il Venerabile Pontefice. assiso sopra di un trono, e
circondato da ventiquattro seniori ovvero sacerdoti. Quivi vediamo degli abiti
sacerdotali, dei pannolini, dei cingoli, delle corone, vari strumenti destinati
al culto divino, un altare, candelieri, turiboli, un libro e simili, Apoc. c.
1, 4, 5. {103 [139]}
Poco
dopo ci parla di cantici, di inni, di una sorgente d'acqua che dà la vita.
Davanti al trono, e nel mezzo de' sacerdoti, avvi un agnello preparato pel
sacrifizio, a cui si rendono gli onori divini. Egli è questo un sacrifizio a cui
è presente Gesù Cristo; al quale egli prende parte e come vittima divina e come
Pontefice eterno. Sotto all' altare vi sono i martiri, che chiamano vendetta
contro a quelli che sparsero il loro sangue. Cap. 5 e 6. Si sa che l'uso
della Chiesa primitiva era di offerire i Santi Misteri sopra la tomba e sopra le
reliquie dei martiri.
C. Cose tutte belle e buone, ma che non fanno al nostro proposito. Tutto
ciò che voi mi riferite dell' Apocalissi vuole essere inteso in senso allegorico
e non letterale. Perciocchè l'Apocalissi è una visione, non narrazione
storica.
P. L'Apocalissi è una visione, ma è una visione che contiene fatti parte
già avverati, e parte ancora da avverarsi. Ma la descrizione di quella celeste
funzione si può dire narrazione storica di quanto la Chiesa di Gesù Cristo
doveva fare nei tempi avvenire. Comunque sia, io vi faccio questa semplice
dimanda: o che san {104 [140]}
Giovanni ha rappresentato la gloria del cielo sotto all'immagine della liturgia
cristiana, o che con quella pomposa solennità Dio voleva dare una norma di ciò
che era da farsi nella Chiesa.
Nel
primo caso diremo forse che sia male che si faccia dalla chiesa militante ciò
che con tanta solennità si fa dalla chiesa trionfante in Cielo? Se poi voi
ammettete il secondo caso, dobbiamo dire che i cattolici hanno una liturgia
modellata sopra quella che Gesù Cristo si è degnato di rivelare all'apostolo s.
Giovanni nell' Apocalissi. Dalle quali cose parmi che si possa conchiudere che
la liturgia cattolica rimonta ai tempi apostolici, siccome leggiamo ne' medesimi
libri sacri, e come eziandio riferiscono s. Ireneo (contro le eresie lib.
4°). S. Ignazio nelle sue lettere, s. Policarpo ed altri.
C. Ciò che si riferisce di s. Ignazio di s. Giustino, e di altri che
parlarono delle liturgie va soggetto a molte osservazioni. Primieramente vi dico
che ne' tre primi secoli non vi erano liturgie, e che quelle che si riferiscono
a tale epoca, sono riconosciute tutte apocrife, e perciò da rifiutarsi.
{105 [141]}
P. Voi, o amico, passate ad un' altra questione; e ciò mi fa credere che
voi ammettiate quanto abbiamo discusso; cioè che la liturgia cristiana è
consentanea alla Bibbia ed è modellata su quanto Iddio ha rivelato. Ora voi fate
passaggio ad un'altra difficoltà intorno alle liturgie antiche. E qui vorrei che
voi faceste meco una distinzione, cioè distingueste il tempo in cui le liturgie
cominciarono a mettersi in iscritto, dal tempo che erano verbalmente insegnate e
tramandate di pastore in pastore, di chiesa in chiesa.
Generalmente si va d'accordo che prima del quinto secolo non fu messa in
iscritto alcuna liturgia, ad eccezione di quella che trovasi nelle costituzioni
apostoliche, la quale fu scritta prima dell'anno 390. Tuttavia non si deve
conchiudere che le liturgie, che portano i nomi di s. Pietro, s. Giacomo, s.
Marco, siano scritti apocrifi e senza autorità. Le medesime ragioni che provano,
che la liturgia non era stata prima posta in iscritto, provano eziandio che ella
fu diligentemente conservata per tradizione in ciascuna chiesa, e fedelmente
trasmessa dai vescovi a quelli che essi innalzavano al {106
[142]} sacerdozio. Era questo un segreto che si voleva
celare ai pagani che cercavano d'informarsi de' riti cristiani unicamente per
metterli in ridicolo. Perciò i Sacri Pastori se lo confidavano a vicenda,
imparando a memoria le preghiere, e le cerimonie di cui dovevano servirsi. Ciò
era molto facile stantechè dovevano usarle tutti i giorni, ma erano persuasi che
nulla in quelle potevasi cangiare.
I
protestanti hanno malamente ragionato allorchè dissero che le liturgie,
conosciute sotto ai nomi di s. Marco e di s. Giacomo, o di altro apostolo, sono
altrettanti brani supposti e scritti molti secoli dopo la morte di coloro di cui
esse portano il nome. Che importa la data del tempo, in cui furono ridotte in
iscritto, se dopo gli apostoli furono giornalmente in uso presso alle varie
chiese?
C. Comprendo quanto mi dite, ma le cose sono assai diverse. Perciocchè
ne' primi tempi, ed anche nei tempi posteriori furono cangiate, aggiunte, tolte
varie cose, onde si può dire che si ha quasi nemmen più traccia di quelle
liturgie di cui parlate.
P. Anche questo è esagerato. Le variazioni {107
[143]} e le aggiunte delle liturgie si riducono a
pochissime espressioni, che non intaccano il senso, anzi servono per lo più a
meglio spiegare le verità dalla Chiesa definite e contrastate dagli eretici. Per
esempio fu aggiunta la parola consustanziale, con cui era condannata l'eresia
degli Ariani, e veniva con maggior chiarezza ad esprimersi la vera fede, e ciò
fu dopo il Concilio Niceno. Fu dato il titolo di Madre di Dio alla Santa Vergine
dopo il Concilio di Efeso in cui fu condannato Nestorio. Parimenti in questi
ultimi tempi fu inserita la parola. Immacolata Concezione perchè tale
privilegio è stato definito come verità di fede. Ma tutte queste cose si trovano
ugualmente usale in tutte le liturgie dei cattolici.
Del
resto tutte le liturgie vanno d'accordo nel professar i dogmi che abbiamo noi
sia riguardo alla Santa Messa, comunione de' fedeli, al viatico pegli infermi,
sia riguardo alle preghiere pei vivi e pei morti e cose simili.
C. Comprendo la ragionevolezza di quanto mi dite, ma al vedere tante
liturgie pubblicate tanti anni dopo la morte dei loro autori, e di più
contenenti cose {108 [144]} spesso
diverse e talvolta contrarie, ciò mi fa fortemente dubitare dell'autorità e
della verità delle cose che contengono.
P. La vostra dimanda non si presenta sotto ad un aspetto molto chiaro.
Credo che voi vogliate dire, che la moltiplicità delle liturgie dei varii paesi
sia un ostacolo alla verità. Ciò sarebbe da ammettersi qualora, siccome dite
voi, queste liturgie contenessero cose diverse oppure contrarie, ma io ci vedo
tutta l'uniformità; cosicchè si possono bensì dire molte in numero, ma una sola
in dottrina. Siccome però io vi vedo tanto insistere sopra le liturgie, vi prego
di permettermi che ne dia cenno delle principali. Di poi farete quella
conclusione che sembrerà più ragionevole.